Il dilemma del prigioniero tra logica e natura umana

Inventato dal matematico statunitense A.W. Tucker (1905-1995) e presentato per la prima volta in un seminario all’Università di Stanford nel 1950, il dilemma del prigioniero è un problema logico divenuto particolarmente conosciuto per le implicazioni paradossali insite nella sua risoluzione, e per la grande quantità di ricerche e studi che sono scaturiti da esso negli anni.

La descrizione tipica del dilemma del prigioniero è la seguente:

Due criminali vengono accusati di aver commesso un reato. Gli investigatori li arrestano entrambi e li chiudono in due celle diverse, impedendo loro di comunicare. Ad ognuno di loro vengono date due scelte: collaborare, oppure non collaborare. Viene inoltre spiegato loro che:

  • se solo uno dei due collabora accusando l’altro, chi ha collaborato evita la pena; l’altro viene però condannato a 7 anni di carcere.
  • se entrambi accusano l’altro, vengono entrambi condannati a 6 anni.
  • se nessuno dei due collabora, entrambi vengono condannati a 1 anno, perché comunque già colpevoli di porto abusivo di armi.

Per provare a risolvere il quesito, bisogna innanzitutto comprendere come questo sia un chiaro esempio di quella che viene definita teoria dei giochi, la quale considera come “giochi” le situazioni in cui i partecipanti (giocatori) prendono delle decisioni strategiche, ovvero compiono scelte dovendo tenere in conto le possibili azioni e reazioni degli altri.

È possibile distinguere i giochi in non cooperativi, nei quali i giocatori non possono siglare un accordo vincolante di cooperazione tra di loro (un esempio è rintracciabile nel gioco competitivo, quando i possibili scenari sono “il giocatore A vince e il giocatore B perde”, oppure “il giocatore B vince e il giocatore A perde”), e nei giochi cooperativi, in cui i giocatori possono avvalersi di accordi di cooperazione per raggiungere obiettivi comuni.

Il dilemma del prigioniero è evidentemente un gioco non cooperativo, poiché entrambi i prigionieri sono stati interrogati separatamente, e non hanno avuto modo di accordarsi su una versione comune o su una strategia da attuare in sinergia per ottenere il minimo della pena. Tutto ciò che hanno a disposizione è la fiducia nell’altro.

Secondo la teoria dei giochi, la scelta più efficiente non corrisponde a quella più razionale. La decisione di confessare è quella che viene definita “strategia dominante”, poiché corrisponde alla decisione ottimale per la quale i due prigionieri possano optare, indipendentemente da ciò che farà l’altro compagno di sventura.

Infatti, anche se la scelta più logica per entrambi sarebbe quella di confessare (ottenendo una pena di un solo anno di detenzione), questo non accadrà mai, in virtù del rischio di essere traditi e di dover scontare tutti e 7 gli anni di carcere; questo a dispetto dell’altro prigioniero, che verrebbe invece scarcerato immediatamente.

Dalla sua formulazione, il dilemma del prigioniero ha trovato un riscontro della sua logica in ambiti diversi che vanno dalla biologia alle scienze sociali, fino all’economia. Rappresenta un paradosso che tiene banco ancora oggi e che è stato riprodotto in diverse varianti, sottolineando il legame mai troppo evidente tra logica, matematica e natura umana.

di Daniele Sasso

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3 commenti su “Il dilemma del prigioniero tra logica e natura umana”

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