Letteratura

Il Signore degli Anelli: J.R.R Tolkien lo scrisse per “perdere tempo” ed evitare il lavoro accademico

La procrastinazione, così tanto denigrata nell’epoca contemporanea perché ci “impedisce di raggiungere i nostri obiettivi”, per J.R.R Tolkien non fu solo una compagnia irrinunciabile, ma anche il motivo per cui scrisse Il Signore degli Anelli.

Il capolavoro della letteratura fantasy non ha certo bisogno di presentazioni: oltre al cartone animato, mai concluso, uscito tra gli anni Ottanta e Novanta, da esso sono stati tratti anche fumetti e una trilogia di film, che ha visto anche come protagonista un pressoché esordiente Orlando Bloom, che ha contribuito a riaccendere, anche in Italia, la Tolkien mania.

Oggi Frodo, Gandalf, Legolas, Sam, Sauron e tanti altri, oltre ad essere entrati nella cultura (e nella letteratura) mondiale, insieme a quelli di Star Wars e vari universi giapponesi, sono tra i personaggi più interpretati dai cosplayers.

Pertanto è molto strano sentire, o meglio leggere, che questi personaggi, insieme a tutti i mondi, i linguaggi, le culture e la mitologia creata da Tolkien, siano stati il frutto di un professore che, invece di svolgere il suo lavoro di accademico, preferiva perdere tempo.

Eppure è così e, a scoprirlo, è stato uno scrittore e uno studioso che, dopo aver esplorato in lungo e in largo la vita di J.R.R Tolkien, ha raccolto i risultati in un libro, uscito in questi giorni, che presto arriverà anche in Italia.

J.R.R Tolkien: doveva scrivere delle opere di Chaucer e invece creò gli hobbit

Gli studenti universitari conoscono molto bene la sottile arte della procrastinazione: anche se una scadenza si avvicina, come un esame, spesso e volentieri si perdono nelle notifiche di Facebook, nel controllo assiduo delle email e nelle chat di Whatsapp.

I più fantasiosi invece, piuttosto che chinare la testa sui libri, preferiscono perdersi nella tana del coniglio di Wikipedia e riemergere poi con l’impressione di aver imparato qualcosa, per poi dimenticarsene dopo poco tempo.

J.R.R Tolkien era un procrastinatore professionista, solo che, al posto di controllare i social e le email, ha preferito perdere tempo scrivendo una delle saghe fantasy più amate di tutti i tempi.

John M.Bowers, studioso e autore del libro (per il momento disponibile solo in lingua inglese) Tolkien’s Lost Chaucer, questi aspetti di Tolkien li ha proprio esplorati fino in fondo, come pure il rapporto conflittuale tra Tolkien professore e Tolkien perdigiorno.

E in un estratto del suo libro, che descrive nel dettaglio gli sforzi di Tolkien di scrivere un libro sulle opere di Geoffrey Chaucer, Bowers dice che il lavoro di studioso del papà di Frodo&Co.era meno noto perché nessuno:

…sapeva degli sforzi di Tolkien per salvare il vocabolario e il linguaggio del XIV secolo durante i suoi lunghi lavori di selezione sulla poesia e sulla prosa di Chaucer.”

Per la Oxonian Review le Selezioni della Poesia e della Prosa di Chaucer, a cui Tolkien stava lavorando, rappresentano non solo un capolavoro andato perduto, ma anche una storia tentacolare che ha attraversato tutta la vita dello scrittore de Il Signore degli Anelli.

J.R.R Tolkien iniziò a lavorarci nel 1922, poi lo abbandonò nel 1928 e, nel 1951, fu costretto a restituire i suoi documenti alla Oxford University Press, e questo dopo che il suo progetto era già andato perso nelle viscere della cantine della stessa Oxford University.

Il libro di Bowers offre uno spaccato su questo lavoro perduto. E suggerisce anche che la creazione della Terra di Mezzo sia stata una sorta di procrastinazione, sebbene abbastanza gratificante, negli anni successivi, sia per Tolkien che per la sua legione di lettori.

Esplorare il lavoro “commerciale” di Tolkien, questo dal punto di vista accademico, può anche portare ad alcune connessioni inaspettate, inclusi i punti in cui l’influenza di Chaucer può essere riscontrata nei suoi scritti fantasy:

Se i lettori non hanno precedentemente rilevato Troilus e le Canterbury Tales nella Terra di Mezzo, è perché nessuno di loro finora è riuscito a notare questi ingredienti.”

E non è finita qui: questa procrastinazione pare sia stata confermata anche dallo stesso Tolkien quando nel 1937, parlando con il suo editore, disse che Oxford avrebbe semplicemente aggiunto Lo Hobbit nella sua:

…lunga lista di procrastinazioni e di mai e poi mai.”

E c’era anche un motivo: la scrittura di fiction non contava in termini di produzione accademica, soprattutto dopo che Tolkien aveva lasciato inattivo il suo biennio alla Leverhulme Research Fellowship.

Come se già questo non bastasse, quando Il Signore degli Anelli era in stampa, le autorità dell’università avevano espresso le loro lagnanze anche ad alta voce, bollando il futuro capolavoro della letteratura fantasy come:

“Un’aberrazione di un anziano professore di filologia che perde tempo a scrivere e a pubblicare fiabe.”

L’opera di J.R.R Tolkien: a che punto siamo?

Siamo in un momento in cui la vita di Tolkien è matura per una riscoperta: basti pensare al biopic, uscito nel 2019, che parla della sua vita da giovane e prima ancora che diventasse l’autore de Il Signore degli Anelli e di Lo Hobbit.

La recente morte di suo figlio, Christopher Tolkien, avvenuta il 16 gennaio 2020 a Draguignan (Francia), ha anche suscitato più di un’esplorazione lasciata dal “vecchio” Tolkien e dal modo con cui suo figlio l’abbia preservata.

E, come se non bastasse, su tutto ciò incombe anche la neonata serie di Amazon Prime di alto profilo, che attinge non solo da Il Signore degli Anelli, ma anche dagli altri lavori minori di Tolkien.

“Accademico frustrato e perditempo” potrebbe non essere la prima cosa che viene in mente quando si pensa a J.R.R.Tolkien, alla sua vita e al suo lavoro, ma d’altra parte, potrebbe fornire ad alcuni lettori una nuova finestra su una storia entrata ormai a far parte dei classici della letteratura inglese.

Di Francesca Orelli

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