Gallus gallus

I polli non sono sempre stati visti come fonte di cibo, rivela uno studio internazionale

I popoli occidentali in particolare sono talmente abituati a nutrirsi di polli da dare per scontato ciò sia sempre avvenuto, ma un nuovo studio che ha coinvolto università di Regno Unito, Germania, Francia e Argentina getta una nuova luce sull’argomento, mostrando come il rapporto fra esseri umani e gallinacei sia storicamente molto più complesso di quanto si potrebbe immaginare.

Vengono innanzitutto ora messe in discussione le ipotesi precedenti secondo le quali galli e galline erano stati domesticati già 10.000 anni fa fra Cina, India e sudest asiatico mentre la loro presenza in Europa risalirebbe a più di 7.000 anni fa. Il nuovo studio individua nella diffusione delle coltivazioni di riso a secco nel sudest asiatico la forza trainante che condusse alla domesticazione del pollo: in quella regione un suo antenato selvatico, uccello rosso della giungla (Gallus gallus), venne infatti attratto dall’abbondanza di questa nuova fonte di cibo, allontanandosi dal suo ambiente arboricolo e venendo a sempre più stretto contatto con l’uomo.

Animali esotici oggetto di venerazione

La domesticazione era in corso in quella zona dell’Asia intorno al 1.500 a.C. e da lì i polli avrebbero raggiunto il resto del continente e poi in tutto il Mediterraneo lungo le rotte marittime utilizzate dai primi commercianti greci, etruschi e fenici. Durante l’età del ferro tuttavia essi non venivano considerati una fonte di cibo, tutt’altro: erano oggetto di venerazione.

Gli studi rivelano che molti dei primi polli venivano sepolti da soli, non macellati, oppure insieme a persone: gli uomini spesso seppelliti con galli e le donne con le galline. Sarebbero stati, solo più tardi, gli antichi romani a contribuire a rendere popolari polli e uova come cibo e a diffonderne il consumo con l’espandersi dell’impero, tanto che in Gran Bretagna il consumo regolare non ebbe inizio prima del III secolo d.C. e soprattutto in aree urbane o a presenza militare.

Gli esperti hanno sottoposto a nuove analisi campioni ossei in gran parte già studiati, resti di pollo rinvenuti in oltre 600 siti distribuiti lungo 89 Paesi, così come hanno esaminato i luoghi di sepoltura e la documentazione storica riguardo le culture relazionate ai reperti. Le ossa più antiche di quello che si può già definire pollo domestico sono quelle scoperte nel villaggio di Ban Non Wat e risalgono al 1650-1250 a.C., periodo Neolitico thailandese.

La domesticazione dei polli è assai più recente di quanto finora ritenuto

Secondo la datazione al radiocarbonio, inoltre, 23 di quelli che sono ritenuti i resti più antichi di polli rinvenuti fra la parte occidentale del continente eurasiatico e l’Africa nordoccidentale sono in realtà molto più recenti di quanto finora ritenuto, collocandone l’arrivo a non prima dell’800 a.C. mentre affinché dal Mediterraneo si adattassero ai più freddi climi del Nord Europa (continentale e arcipelago britannico) sarebbe stato necessario un ulteriore millennio.

È la prima volta che la datazione al radiocarbonio viene utilizzata per studiare su larga scala i rapporti che nel corso dei millenni hanno legato i gallinacei alle società umane e secondo gli autori della ricerca i risultati dimostrano quanto fosse sbagliata la nostra comprensione del tempo e del luogo di domesticazione dei polli, innanzitutto, così come il ruolo di catalizzatore ricoperto dalle coltivazioni a secco di riso nel determinarne la diffusione a livello globale insieme alle rotte marittime e all’adattabilità della loro dieta.

“Il fatto che i polli siano oggi onnipresenti e popolari eppure domesticati in tempi relativamente recenti è sorprendente. La nostra ricerca mette in evidenza il importanza di solidi confronti osteologici, datazione stratigrafica certa e collocazione dei primi reperti nel loro più ampio contesto culturale e ambientale” commenta la professoressa Ophélie Lebrasseur del CNRS/Université Toulouse Paul Sabatier e dell’Instituto Nacional de Antropología y Pensamiento Latinoamericano mentre la professoressa Naomi Sykes dell’Università di Exeter conclude: “Mangiare polli è talmente comune che la gente pensa non sia esistito un tempo in cui non lo facevamo. Le nostre prove dimostrano che la nostra relazione passata con i polli era molto più complessa e che per secoli i polli sono stati celebrati e venerati”.

Per approfondimenti: Best, J. et al, Redefining the timing and circumstances of the chicken’s introduction to Europe and north-west Africa, Antiquity (2022) e Peters, J. et al, The biocultural origins and dispersal of domestic chickens, Proceedings of the National Academy of Sciences (2022).

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