L’ultimo cammello gigante del Pleistocene convisse con i primi umani moderni
Secondo un nuovo studio il gigantesco cammello denominato Camelus knoblochi, che già si sapeva aver popolato l’Asia centrale pleistocenica per 250.000 anni, sopravvisse fino a 27.000 anni fa in Mongolia arrivando a coesistere con quelli che possiamo definire esseri umani moderni e forse anche coi Neandertal e i Denisovani.
I ricercatori individuano nei cambiamenti climatici e ambientali la causa primaria dell’estinzione del Camelus knoblochi, anche se i cacciatori potrebbero aver giocato un ruolo come pure la competizione con un suo simile, il Camelus ferus (meglio noto come cammello selvatico), che sopravvive tutt’ora in quella stessa area geografica in poche centinaia di esemplari, attualmente a rischio estinzione.
Il cammello domestico moderno pesa la metà del Camelus knoblochi
Alto tre metri e pesante più di una tonnellata, il C. knoblochi sovrastava imponente il C. ferus, ma non è chiaro il grado di parentela fra le due specie. Resti fossili di C. knoblochi sono stati rinvenuti nella grotta di Tsagaan Agui, dove si ritrova una ricca sequenza stratificata di materiale culturale paleolitico umano e ciò suggerisce una coesistenza fra i nostri antenati e questo gigante come con il Camelus bactrianus, il cammello moderno.
Il nuovo studio illustra cinque ossa di zampe e piedi di C. knoblochi trovate in quel sito nel 2021 più una a Tugrug Shireet, deserto del Gobi della Mongolia meridionale, insieme a resti di rinoceronti, lupi, iene delle caverne, cavalli, stambecchi e altra antica fauna della regione.
Questo individua negli ambienti steppici montani e di pianura l’habitat di C. knoblochi, una clima meno arido rispetto a quello in cui vivono i cammelli moderni. Secondo gli autori dello studio, la specie si estinse soprattutto perché meno tollerante alla desertificazione in paragone ai cammelli odierni, al C. ferus e al cammello domestico arabo C. dromedarius, quest’ultimo naturalmente noto per la singola gobba.
Il Camelus moreli (Cammello siriano) raggiunse i 4 metri di altezza
Gran parte della Mongolia subì nel tardo Pleistocene la lenta ma inesorabile transizione da steppa a deserto, il cui bioma parrebbe non essere adatto a supportare gli animali di grandi dimensioni: la scarsa adattabilità dei meccanismi di immagazzinamento delle riserve d’acqua (divenute sempre più difficili da trovare) e termoregolazione del C. knoblochi ne segnò la fine, anche per la concorrenza di altri membri della fauna locale che occupavano la stessa nicchia ecologica.
Le ultime specie sarebbero sopravvissute un po’ più a lungo nei boschi alternati a praterie più a nord, nell’odierna Siberia, ma anche questo ambiente non era l’ideale per C. knoblochi e presto l’ultimo cammello gigante sarebbe sparito per sempre dal mondo intero.
Un osso metacarpale di C. knoblochi della grotta di Tsagaan Agui, datato tra 59.000 e 44.000 anni fa, mostra tracce di macellazione da parte di umani e rosicchiamento di iene; esso poteva quindi essere una specie cacciata dagli umani del tardo Pleistocene o comunque una fonte di cibo di cui approfittare dopo essere morto per altre cause.
Bersaglio dei cacciatori umani?
Non vi sono al momento prove materiali sufficienti riguardo il legame fra gli esseri umani e il C. ferus, ma secondo i ricercatori non dovevano sussistere sostanziali differenze rispetto al C. knoblochi come possibile preda e non era nemmeno un obiettivo per la domesticazione, a differenza del C. batrianus a cui il ferus è peraltro imparentato (le due specie iniziarono a differenziarsi poco più di un milione di anni fa).
I paleobiologi autori del nuovo studio concludono comunque che il ruolo umano sia stato in definitiva marginale e che C. knoblochi si sia estinto circa 27.000 anni fa (entro la fine del terzo stadio isotopico marino, MIS 3) a seguito dei cambiamenti climatici che hanno provocato il degrado dell’ecosistema della steppa e intensificato il processo di aridificazione.
Lo studio “First Documented Camelus knoblochi Nehring (1901) and Fossil Camelus ferus Przewalski (1878) From Late Pleistocene Archaeological Contexts in Mongolia“ è stato pubblicato su Frontiers in Earth Science (2022).