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Mank: uno sguardo laterale alla storia del cinema

La Notte degli Oscar 2021 è ormai passata, ma questo rimane il momento perfetto per recuperare i film candidati e i vincitori che ci sono passati davanti agli occhi in queste settimane. Il protagonista di oggi è Mank, pellicola del 2020 diretta da David Fincher, che ripercorre la vita dello sceneggiatore Herman J. Mankiewicz, qui interpretato da un sempre fenomenale Gary Oldman.

Trama

La carriera di Herman J. Mankiewicz è alla deriva quando giunge la proposta di Orson Welles di scrivere una sceneggiatura per il suo nuovo film. Carismatico e determinato, Welles riesce a convincere Mank a mettersi a lavoro anche se infortunato, fornendogli una dattilografa-segretaria (Lily Collins) e una scorta di sonniferi mascherati da alcolici, per combattere la sua dipendenza.

Per Mank, quello che inizia come un semplice e necessario contratto lavorativo, diventa presto l’occasione per raccontare la sua storia e il suo travagliato rapporto con il magnate dell’editoria William Randolph Hearst, e con la sua protetta e amante Marion Davies (Amanda Seyfried).

Mank

Mank: storia di un’epoca

Con Mank, David Fincher celebra non solo una personalità bizzarra e intrigante del mondo del cinema, ma anche l’epoca che ne ha accolto (e in parte rinnegato) la produzione artistica. Il film, interamente in bianco e nero e con una fotografia densa che gli è valsa l’Oscar, è infatti un vero e proprio omaggio all’America degli anni ’30; e a un mondo, quello cinematografico, nel quale creatività e profitto sono sempre stati in aspra contrapposizione.

Gary Oldman dà volto e movenze a un Mank al termine della sua carriera, bloccato a letto da un infortunio nel presente ma ancora attivo e pungente nei racconti fatti alla giovane dattilografa Rita. Oldman, leggermente ingrassato ma sempre magnetico, conquista lo spettatore con verve e audacia. La pellicola rimane tuttavia impenetrabile a chi, di quell’epoca e di quegli avvenimenti, conosce ben poco.

Pensato più per gli appassionati che per i fruitori esterni, Mank è un film che fa dei dialoghi il suo cardine, trascinandosi per quasi due ore in profonde riflessioni sul destino degli artisti nel settore del cinema all’uscita della Grande Depressione. La sceneggiatura in scrittura, che poi vedrà la luce come l’acclamato e apprezzato Quarto Potere, non è che un mezzo per raccontare un momento storico chiave per Hollywood.

Nonché un tentativo per ridare luce e dignità a uno sceneggiatore che la storia ha messo in secondo piano, in favore di nomi e personalità ben più magnetici come quelli dello stesso Welles (qui interpretato da un ottimo Tom Burke).

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