11 Ottobre 2024
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Tutti la conoscono semplicemente come Beatrice, ma Beatrice Portinari in vita fu molto di più: fu la musa, e il vero amore, di Dante Alighieri, tanto che il poeta, dopo la sua morte prematura, la rese immortale trasformandola in una figura angelica nel Paradiso della Divina Commedia.

Tutti la conoscono semplicemente come Beatrice, ma Beatrice Portinari in vita fu molto di più: fu la musa, e il vero amore, di Dante Alighieri, tanto che il poeta, dopo la sua morte prematura, la rese immortale trasformandola in una figura angelica nel Paradiso della Divina Commedia.

Beatrice è stata la principale fonte di ispirazione per La Vita Nuova di Dante Alighieri ed è anche una delle guide che appaiono ne Il Paradiso, il terzo canto de La Divina Commedia.

La vita di questa famosa nobildonna, resa immortale dal papà della lingua italiana dopo la sua morte prematura, è ancora oggi avvolta nel mistero.

Per molti anni i letterati, così come gli storici, hanno dibattuto sulla sua identità, ma oggi non solo conosciamo il suo nome, ma anche parte della storia di Beatrice Portinari, la donna che non solo catturò il cuore del celebre poeta, ma venne trasformata in un angelo nel suo Paradiso.

Beatrice Portinari, chi era e cosa faceva

Beatrice, o semplicemente Bice, era la figlia di Folco Portinari, un noto banchiere che, nel 1282, rivestì anche il ruolo di Priore di Firenze.

I Portinari erano originari di Fiesole, ma vivevano a Firenze da molto tempo, presso la casa di Dante Alighieri, situata nel centro storico di Firenze, nello stesso luogo in cui oggi si trova Via del Corso.

Beatrice era sposata con un certo Simone de Bardi, uno degli uomini più influenti della città. Morì tre anni dopo il suo matrimonio, ad appena ventiquattro anni, e la sua scomparsa prematura fece sprofondare Dante nel dolore.

Il primo a fare un riferimento esplicito alla giovane donna fu Giovanni Boccaccio in un suo commento a La Divina Commedia.

A parte in un testamento di Folco Portinari, in cui veniva citata espressamente insieme al marito, Beatrice non è stata citata in altri documenti scritti, tanto che molti studiosi sono arrivati addirittura a dubitare della sua esistenza.

Dante e Beatrice, un amore romantico e platonico

Beatrice era il vero amore di Dante. Nella sua Vita Nuova, il poeta rivela di aver visto Beatrice per la prima volta quando suo padre lo portò a casa dei Portinari per una festa del Primo Maggio.

Erano solo due bambini: lui aveva nove anni, mentre lei otto. Dante però ne fu subito colpito e non la dimenticò mai, anche se poi sposò un’altra donna (dopo che, a 12 anni, venne legato a lei tramite contratto), Gemma Donati, nel 1285 e dalla quale ebbe tre figli e una figlia.

Secondo la tradizione Dante e Beatrice erano anche vicini di casa fuori dalle mura di Firenze, vicino alla collina di Fiesole, dove le famiglie Portinari e Alighieri avevano due vicine ville estive.

È plausibile che Dante e Beatrice si siano incontrati da bambini anche lì.

Dante avrebbe reincontrato Beatrice, in modo inaspettato, nove anni più tardi: la giovane donna, vestita di bianco e accompagnata da due donne anziane, camminava sul Lungarno.

Quando lo vide, lei si voltò e lo salutò. Dante, per contro, scappò via senza dire una parola.

Il suo saluto lo riempì di tale gioia che si ritirò nella sua stanza a pensare a lei. Così facendo, si addormentò e fece un sogno che sarebbe diventato il soggetto del primo sonetto de La Vita Nuova.

In seguito ci furono altri due brevi incontri tra i due: uno nella chiesa di Santa Margherita dei Cerchi e uno ad un banchetto di nozze.

L’influenza di Beatrice sull’opera di Dante

L’influenza di Beatrice era tutt’altro che semplice ispirazione. È apparsa infatti come personaggio nelle sue due più grandi opere: La Vita Nuova e La Divina Commedia.

Dopo la morte di Beatrice, Dante si ritirò in uno studio intenso e iniziò a comporre poesie dedicate alla sua memoria.

La raccolta di queste poesie, insieme ad altre che aveva scritto precedentemente nel suo diario in soggezione di Beatrice, diventò La Vita Nuova, un’opera in prosa intrecciata con versi.

Dante descrive i suoi incontri con lei, elogia la sua bellezza e la sua bontà, descrive le sue intense reazioni alla sua gentilezza (o alla mancanza della stessa), racconta gli eventi di entrambe le loro vite e spiega la natura dei suoi sentimenti per lei.

La Vita Nuova racconta anche del giorno in cui Dante fu informato della sua morte e contiene diverse poesie angosciate scritte dopo quell’evento.

Nel capitolo finale, Dante giura che non scriverà altro se non di Beatrice fino a quando non scriverà “riguardo a lei ciò che non è stato scritto prima di nessuna donna.”

La promessa venne mantenuta nel poema epico La Divina Commedia, che il poeta compose molti anni dopo.

In quella poesia esprime il suo amore esaltato e spirituale per Beatrice, che è la sua intercessione nell’Inferno, il suo scopo nel viaggio attraverso il Purgatorio e la sua guida nel Paradiso.

Beatrice si rivolge a Dante, l’autore, e a lui stesso come personaggio, per la prima volta nel Canto II dell’Inferno: scende nel Limbo e prega che il poeta Virgilio possa salvare Dante.

Poi riappare nel Canto XXX del Purgatorio quando Virgilio scompare.

Quando la vede nel Purgatorio per la prima volta, Dante è sopraffatto da lei, come lo è stato quando l’ha incontrata per la prima volta all’età di nove anni, ed è abbagliato dalla sua presenza per tutto il viaggio fino a quando lei risale al suo posto in cielo, il punto più vicino a Dio che le è permesso di raggiungere.

Questa espressione di amore sublimato e spiritualizzato termina con il totale assorbimento di Dante nel divino.

Il loro ultimo incontro è fissato tra i beati del cielo alla fine del loro viaggio nell’aldilà.

Oggi sappiamo che l’amore di Dante per Beatrice era reale.

Beatrice rappresentava l’ideale di grazia e di bellezza, ma era anche una vera donna, con tutte le maiuscole.

Beatrice è apparsa a Dante come la donna angelo che lo guida attraverso il Paradiso, ma è rimasta anche una vera donna che gli ha fatto battere il cuore per le strade di Firenze.

Di Francesca Orelli

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