8 Ottobre 2024
Catalogo di Ipparco

Un frammento del Codex Climaci Rescriptus con in evidenza il testo "cancellato".

Riscoperto il catalogo stellare di Ipparco di Nicea in una delle più antiche biblioteche del mondo: il testo era stato "sovrascritto" su una pergamena come oggi facciamo coi dispositivi magnetici.

Cos’hanno a che fare A Come Andromeda e Doctor Who con Ipparco di Nicea, vissuto nel II Secolo avanti Cristo e considerato il più grande astronomo dell’antichità avendo gettato le basi di gran parte della disciplina che oggi chiamiamo astronomia moderna?

A for Andromeda era una miniserie prodotta dalla BBC nel 1961 con una giovane Julie Christie in quello che potrebbe essere definito il suo primo ruolo importante; ma di tale versione originale (noi italiani conosciamo il remake del 1972 a opera della Rai) oggi rimane solo parte di un singolo episodio dei 7 che la componevano.

Il motivo risiede nel fatto che per tutti gli anni 60 e parte dei 70 la TV pubblica britannica aveva l’abitudine di riciclare i nastri magnetici con lo scopo di risparmiare sulle spese. Fra le vittime illustri vi fu proprio questa miniserie basata su un soggetto del celebre astronomo (nonché scrittore) Fred Hoyle e alla stessa sorte andarono incontro anche diversi episodi di una serie ancora oggi in produzione e di enorme popolarità, ovvero Doctor Who. Ma non fu certo la BBC la prima a sfruttare una simile tecnica di riciclo

Ipparco, astronomo senza telescopio

Il calcolo della distanza fra la Terra e la Luna, la scoperta della precessione degli equinozi, la classificazione delle stelle in base alla luminosità (magnitudine) sono probabilmente i conseguimenti più noti attribuiti a Ipparco, oltre allo schema di moto planetario basato su epicicli e deferenti la cui ideazione condivide con Apollonio di Perga e che costituì una delle basi del sistema Tolemaico.

Del catalogo stellare non ci erano nemmeno giunti dei frammenti: sapevamo della sua esistenza grazie ad autori come Tolomeo, che quattro secoli più tardi lo avrebbe menzionato nel suo Almagesto, la base dell’astronomia fino alla rivoluzione copernicana.

Ipparco naturalmente non poteva contare sui cannocchiali per lo studio del cielo, quindi le osservazioni erano effettuate a occhio nudo con strumentazioni nondimeno all’avanguardia per l’epoca come la diottra e qualcosa di simile a una sfera armillare. Del resto Ipparco stesso sviluppò la trigonometria sferica.

La precisione garantita all’epoca doveva essere dell’ordine del grado d’arco: lo dimostra per esempio il fatto che nel confrontare il suo catalogo stellare con quello redatto 160 anni prima da due astronomi greci notò che la costellazione della Vergine si era nel frattempo spostata di circa due gradi, osservazione da cui derivò l’identificazione del fenomeno della precessione degli equinozi.

Il catalogo era celato in un’antichissima biblioteca

La scoperta del catalogo stellare di Ipparco è finalmente avvenuta nel Sinai (Egitto) all’interno del monastero di Santa Caterina, una delle più antiche biblioteche al mondo, che conserva testi risalenti fino al quarto secolo avanti Cristo, inclusa quella che viene a sua volta ritenuta la più antica Bibbia arrivata fino a noi.

Analogamente alla sovrascrittura dei nastri magnetici della BBC, le pergamene il cui contenuto non era più considerato d’interesse venivano lavate e grattate in modo da esser pronte a nuovi utilizzi, ma traccia di quanto scritto in precedenza rimaneva e grazie alle moderne tecniche che includono l’analisi del reperto con diversi filtri, anche 24, e un’elaborazione digitale gli studiosi sono in grado di mettere in evidenza il testo cancellato.

Alcuni di questi palinsesti ritrovati mostrano materiale di natura astronomica, soprattutto estratti dal Commentario di Ipparco ai Phaenomena di Arato, peraltro l’unica sua opera giunta fino ai giorni nostri. Ma soprattutto descrivono in modo testuale la posizione di alcune stelle, le loro coordinate: si è potuto determinare che si riferiscono alle stelle come apparivano nel 129 a.C., l’epoca in cui visse Ipparco; insieme all’analisi delle descrizioni, il linguaggio tecnico, paragonate con l’unica opera conosciuta di Ipparco, ci dice essere proprio lui l’autore. Abbiamo quindi ritrovato il suo catalogo stellare.

Ipparco nella Scuola di Atene
Ipparco di fronte a Tolomeo (quest’ultimo visto di spalle) nella Scuola di Atene di Raffaello.

L’interesse storico e scientifico per un catalogo obsoleto

Perché un testo così importante non venne meglio preservato, più ricopiato. Le pergamene erano materiali preziosi, non venivano quindi ricopiati testi ormai ritenuti superati come il catalogo stellare di Ipparco se avevi sottomano il ben più recente catalogo di Tolomeo.

Non potevamo finora sapere se almeno alcune delle antiche rappresentazioni del cielo giunte a noi fossero basate sul catalogo di Ipparco, proprio perché di tale catalogo non eravamo in possesso. Potrebbe essere il caso per esempio del globo celeste dell’atlante del Farnese, copia romana della scultura originale greca, su cui sono raffigurate le costellazioni con la fascia dello zodiaco e i reticoli delle coordinate che permettono di stabilire quando fu redatto il disegno originale del globo stesso.

Ora gli studi potranno naturalmente essere approfonditi anche sotto questo punto di vista e naturalmente questa nuova consapevolezza spingerà i ricercatori a intensificare l’analisi di altre pergamene alla stessa maniera, magari sperando di recuperare ulteriori parti del catalogo stesso oltre ad altre opere antiche considerate perdute.

Fonte: First known map of night sky found hidden in Medieval parchment, Nature (ottobre 2022)

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