Come educare i figli secondo il commediografo latino Terenzio

Essere o non essere severi con i figli: chi di voi, madre o padre, non si è almeno una volta al giorno messo in discussione con questo dilemma? L’educazione dei figli, da sempre, interroga e mette alla prova i genitori.

Sembra, ma non è un luogo comune: infatti, da tempi lontani sono giunte a noi testimonianze di come, anche nell’antichità, questa tematica scaldasse gli animi dei genitori. Un esempio per tutti? Le pagine dell’opera teatrale Adelphoe del commediografo latino Terenzio.

Micione e Demea: due fratelli, due modelli educativi differenti

I protagonisti di questa opera della letteratura latina sono due fratelli, ormai adulti, Micione e Demea, entrambi genitori. I due hanno metodi educativi differenti: Micione ha adottato un comportamento sempre benevolo e accondiscendente verso suo figlio.

In realtà, Micione non è il padre biologico, essendo suo figlio adottivo figlio naturale di Demea. Questa circostanza non ha impedito a Micione di crescere nell’amore e nella comprensione suo nipote, trattandolo come carne della propria carne.

Ben vestito, con molto denaro a disposizione e un’amante, il figlio di Micione, Eschino, non può certo lamentarsi nemmeno dello stile di vita che suo padre gli concede. 

Come accennavo, Demea ha, invece, una concezione ben diversa.
Demea, infatti, crede fermamente che sia l’autorità il metodo educativo più efficace: il rispetto e la formazione dei figli devono passare dalla forza e dall’imposizione. Da qui, si sviluppano una serie di confronti fra i due fratelli che, strenuamente, difendono i propri metodi educativi.

La non scelta di Terenzio

Il pubblico assiste e partecipa alle discussioni dei due fratelli, ma rimane deluso se si attende che Terenzio prenda posizione per Micione e il suo sistema educativo basato sulla fiducia o per Demea e la sua sfiducia verso la natura umana.

Di sicuro Terenzio ha modo di dimostrare la fallacia, ciascuno a modo suo, dei due metodi e lascia trapelare una scelta basata sul compromesso, cioè una terza via intermedia fra l’essere troppo tollerante e l’essere troppo autoritario.

Il buon senso, quindi, ieri come oggi ha sempre la meglio, anche se poi nella realtà può essere difficile tradurre in fatti ciò che sia meglio fare. Ad ogni modo, questa commedia della letteratura latina ci permette di riflettere sulla dicotomia del padre – padrone, ma non solo.

Fra gli spunti che vanno sicuramente evidenziati, la riflessione sulla paternità naturale e la capacità di essere padre: Terenzio dimostra di avere una mentalità molto aperta quando tramite Micione, padre adottivo di Eschino, dichiara che la vera paternità sta nella capacità di essere padre.

Ancora una volta ci stupiamo per il valore di una commedia che assolve benissimo il suo ruolo di intrattenimento del pubblico, ma che può farci andare anche oltre, a riflettere su temi profondi, come l’educazione dei figli o l’essenza stessa dell’essere genitore.

LEGGI ANCHE:

Il disprezzo di Plauto verso i Greci

Fra storia e letteratura: la serie su Scipione l’Africano

Il mito di Orfeo: non solo amore, morte e dolore

Le sirene, personaggi ambivalenti nella letteratura

Condividi

Rispondi