Il lander della missione Chang'e 5

Flussi di lava scorrevano sulla Luna ancora due miliardi di anni fa

Un team di ricercatori cinesi, statunitensi, australiani, britannici e svedesi analizzando i campioni di roccia lunare riportati sulla Terra nell’ambito della missione Chang’e 5 dell’Agenzia Spaziale Cinese ha determinato la loro età in 1,97 miliardi di anni, confermando che all’epoca il nostro satellite era geologicamente attivo con flussi di lava vulcanica a solcarne la superficie.

Gli ultimi campioni di roccia lunare erano stati raccolti nel 1976 dalla missione sovietica Luna 24

I geologi avevano ipotizzato l’esistenza di rocce vulcaniche di quest’età, ma per la conferma erano necessari campioni da analizzare. Il lander di Chang’e 5 ha raccolto nel dicembre 2020 1,7 kg di rocce su Mons Rümker, all’interno dell’Oceanus Procellarum nella regione nordoccidentale della Luna, sul lato visibile dalla Terra.

Il tipo di analisi cui i campioni sono stati sottoposti deriva dalle tecniche già usate per lo studio delle rocce raccolte nelle missioni Apollo: piccoli frammenti di basalto, dell’ordine dei 2 mm, sono stati colpiti con un raggio di particelle cariche e i ricercatori sono in grado di determinarne l’età analizzando il materiale espulso.

L’età dei campioni anticipa di un miliardo di anni ogni precedente prova dell’esistenza di flussi di lava sulla Luna.

L’attività vulcanica lunare fra i 3 e i 4 miliardi di anni fa era già nota, confermata dai campioni di roccia recuperati durante le missioni Apollo e dallo studio di meteoriti di origine lunare; diede fra l’altro origine agli strati di basalto che dalla Terra appaiono di colore più scuro e per questo furono in tempi antichi definiti “mari”. Questo tuttavia pone un interrogativo: come può un corpo roccioso di così piccole dimensioni e praticamente coetaneo della Terra (4,5 miliardi di anni) aver preservato così a lungo un calore interno sufficiente a generare attività vulcanica per due miliardi e mezzo di anni?

La composizione della Luna è complessivamente simile a quella del mantello terrestre

L’esistenza di elementi radioattivi in elevate concentrazioni potrebbe aver dato luogo alla fusione delle rocce in seguito all’energia sprigionata, ma riguarderebbe il sottosuolo lunare. Resta quindi da verificare se il riscaldamento mareale cui è sottoposto il nostro satellite a causa dell’attrazione della Terra e del Sole (come una pallina da tennis che viene continuamente schiacciata per poi rilasciarsi) possa aver generato un calore sufficiente a giustificare il fenomeno.

In alternativa potrebbe trattarsi di caratteristiche peculiari nella composizione del mantello, con conseguente temperatura di fusione più bassa di quanto ipotizzato. Comunque il lavoro di studio di campioni di roccia extraterrestre ha dalla fine degli anni 60 contribuito a ridefinire la nostra conoscenza delle dinamiche del sistema solare e la ricerca potrà spingersi oltre quando saranno disponibili campioni provenienti per esempio da Marte, il cui arrivo è al momento previsto per l’inizio degli anni 2030.

Fonte: Age and composition of young basalts on the Moon, measured from samples returned by Chang’e-5, Science (7 ottobre 2021)

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