13 Novembre 2024
Il frammento al microscopio

In questa immagine in falsi colori dell'analisi al microscopio a infrarossi, la sorprendente presenza di anfiboli, evidenziati in arancione (Credit: NASA/USRA/Lunar and Planetary Institute)

Scoperto un particolare minerale all'interno di un frammento di meteorite (è il secondo caso in assoluto) che porta a sorprendenti conclusioni sul corpo celeste da cui proviene

Anche se non ci facciamo caso, siamo continuamente bersagliati dagli asteroidi e ogni giorno un centinaio di tonnellate di materiale proveniente dallo spazio precipita sulla Terra. Ma al 99.9% si tratta di meteoriti talmente piccole, perfino pulviscolo, che non ce ne rendiamo conto.

Piccoli o grandi che siano, i frammenti derivano spesso comunque da un oggetto più grande parzialmente o totalmente frantumato da collisioni recenti o, più facilmente, antiche. Ed esistono diverse classi note di meteoriti, con composizioni chimiche peculiari.

Vi sono tuttavia eventualità più rare, come nel caso dell’evento del 2008 in Sudan. Secondo la NASA, il meteoride 2008 TC3 (noto anche come meteorite di di Almahata Sitta (AhS), dal nome della stazione ferroviaria nei pressi del ritrovamento dei campioni) esploso a 37 km d’altitudine aveva un diametro di circa quattro metri per una massa di otto tonnellate e l’analisi di uno dei frammenti raccolti nell’area desertica del Paese ha portato a conclusioni sorprendenti.

L’Almahata Sitta fu il primo asteroide individuato e tracciato prima dell’impatto

Il meteorite è una condrite carboniosa (o carbonacea), il che di per sé è già interessante: solo il 3% di quelle mai analizzate rientra in questa categoria, tipicamente associata ai planetesimi, i relativamente piccoli corpi che si formarono nelle prime fasi dello sviluppo del sistema solare.

L’analisi spettrale al microscopio a infrarossi denota la composizione tipica e rara dovuta alla formazione a temperature e pressioni più elevate di quelle riscontrabili in un asteroide ma inferiori a quelle all’interno di un pianeta roccioso. La parte più sorprendente è dovuta alla presenza di alcuni minerali, in particolare di anfiboli, che per formarsi richiedono una prolungata esposizione ad acqua e a pressioni intermedie, quindi in un oggetto di un diametro stimato compreso fra i 600 e i 1800 chilometri, spiega la dottoressa Vicky Hamilton del Southwest Research Institute (SwRI), prima autrice della ricerca apparsa su Nature Astronomy.

Il meteorite del Sudan aveva già fatto parlare di sé per la sua importanza scientifica

Fino a oggi l’Allende, schiantatosi nello stato messicano del Chihuahua nel 1969, era l’unico meteorite in cui fosse stato scoperta la presenza di questo minerale. Secondo i ricercatori l’Almahata Sitta dovrebbe provenire da un oggetto-madre di dimensioni paragonabili a Cerere, vero e proprio pianeta nano che da solo potrebbe costituire fino a un terzo della massa totale della fascia degli asteroidi (fra Marte e Giove) al cui interno è collocato.

Ci troveremmo quindi di fronte a un meteorite proveniente da un oggetto più grande e non identificato che prima d’ora non aveva mai depositato frammenti sul nostro pianeta. Anche perché la comparazione, al di là degli anfiboli, con lo stesso meteorite di Allende indica che il planetoide da cui si originarono non è lo stesso.

2008 TC3/Almahata Sitta vantava già un’importanza peculiare per la circostanza unica di poter essere stato, seppur brevemente, studiato prima dell’impatto (permettendo comparazioni fra prima e dopo) e per precedenti analisi che già avevano fatto notizia causa la presenza di microscopici diamanti che, per le loro dimensioni, si riteneva potessero formarsi solo all’interno di un corpo delle dimensioni pari almeno a Mercurio.

Fonte: “Meteoritic evidence for a Ceres-sized water-rich carbonaceous chondrite parent asteroid”, Nature Astronomy, 21 dicembre 2020.

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