La storia è sempre la stessa. Continuiamo a credere che la scelta sia giusta, eppure non lo è. Vizi, comportamenti autodistruttivi oppure la cosa peggiore in assoluto: non agire quando si dovrebbe.
La ciliegina su una torta indigesta che non vuole proprio andare giù è la ripetizione. L’amaro reiterarsi di un impulso ad agire che alla fine dell’atto non ci lascia che insoddisfazione.
È un discorso ampio, che comprende problematiche che vanno dal litigare sempre con un familiare all’avere una dipendenza da gioco d’azzardo od anche ad essere assaliti dalla fobia sociale.
In sostanza, la continua ripetizione di un comportamento è la “base non sana” di un certo numero abbastanza cospicuo di stati patologici più o meno gravi.
Questo perché i circuiti neurali che ci consentono di apprendere un mestiere e memorizzare nomi funzionano allo stesso modo nel bene come nel male.
I pathway cerebrali sui quali viaggiano le informazioni diventano sempre più battuti, e di conseguenza attraversarli diventa sempre più semplice, qualsiasi sia il messaggio.
Imparare come suonare la chitarra e sviluppare la tendenza a ruminare sugli stessi pensieri deprimenti tutti i santi i giorni sono due comportamenti con esiti opposti, ma si basano entrambi sul consolidamento di connessioni sinaptiche.
Includendo l’apporto dell’epigenetica, poi, il quadro può farsi ancor più beffardo, perché la ripetizione degli stessi errori potrebbe in qualche modo estendersi al di là del singolo, andando a dominare su intere generazioni.
Quando parliamo di epigenetica, facciamo riferimento alla certezza ormai abbastanza solida, nel campo degli studi sull’essere umano, della nozione secondo la quale i fattori ambientali possano avere un’influenza sull’espressione dei geni, pur senza modificare le sequenze di DNA.
In qualche modo, le conseguenze non solo di comportamenti, ma anche di situazioni totalmente inevitabili, possono quindi influenzare in qualche misura l’andamento non solo della nostra vita, ma anche quella delle generazioni future.
Tornando al problema del ricadere sempre negli stessi errori, se scelte che non appartengono neanche al nostro tempo possono già spingerci ad avere determinati punti di forza e di debolezza, il destino ci sembra ancora più determinato.
Qual è allora la soluzione? Ovviamente il libero arbitrio. Anche se abbiamo commesso centinaia di volte lo stesso errore, la plasticità già citata della nostra mente potrà sempre venirci in soccorso.
Quale che sia la ripetuta e fallace scelta, non si è mai davvero in ritardo per sforzarsi di cambiare. Anche se sarà ostico, le nostre funzioni superiori come il ragionamento e le intuizioni possono farci decidere diversamente.
Se anche a seguito di patologie notoriamente recidivanti come le dipendenze e gli stati depressivi alcuni riescono a riprendere in mano la propria vita, chiunque dovrebbe provare ad affrontare problemi minori che in ogni caso possono incupire le nostre giornate, cambiando la nostra storia e quella degli altri.
di Daniele Sasso
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