Umorismo e psicologia: III Parte – La Terror Management Theory ed il potere della risata

L’umorismo viene considerato ormai uno dei mezzi più efficaci per ridurre lo stress e le ansie che inevitabilmente ci colpiscono nella vita di tutti i giorni. Ma la semplice risata può diventare un mezzo per difenderci dalla madre di tutte le paure, ovvero quella della morte?

Secondo la terror management theory di Greenberg, Pyszczynski e Solomon (1986), che trova le sue radici negli scritti dell’antropologo Ernest Becker (1973), la predisposizione biologica alla sopravvivenza che l’uomo condivide con gli altri animali si scontra con una peculiarità invece esclusiva degli esseri umani: la consapevolezza della morte. La conoscenza della vulnerabilità e della mortalità genererebbero un’ansia opprimente, gestibile soltanto grazie a dei meccanismi difensivi in grado di ridurre questo terrore esistenziale.

In tale procedimento giocherebbero un ruolo fondamentale le difese prossimali, ovvero tentativi di natura logica di affrontare la consapevolezza della propria mortalità. Una continua attività fisica, un’alimentazione sana ed altri tentativi di ritardare il proprio invecchiamento emergono quando il terrore esistenziale e l’ansia che ne deriva diventano coscienti e centrali nella nostra attenzione: sono, più semplicemente, un tentativo di allontanare tali pensieri per vivere con maggiore serenità.

Uno studio del 2013 condotto da Christopher R. Long e Dara N. Greenwood ha tentato di collegare la terror management theory al senso dell’umorismo. Gli autori hanno indagato la relazione di quest’ultimo con la gestione della consapevolezza della propria mortalità. L’ipotesi, nello specifico, riguardava la possibilità che una serie di pensieri riguardanti la morte potessero elicitare lo humor come meccanismo psicologico di difesa. 117 studenti, divisi in quattro gruppi, dovevano svolgere alcuni compiti mentre si confrontavano su due temi: la morte ed il dolore.

I primi due gruppi, a differenza di quelli di controllo, venivano esposti ad uno stimolo prime, ovvero una parola presentata per un tempo brevissimo (33 millisecondi) e quindi impossibile da processare consapevolmente.

Nel primo caso lo stimolo era la parola “dolore”, mentre nel secondo la parola era “morte”. Gli altri due gruppi di controllo, durante il compito, dovevano parlare delle proprie emozioni riguardanti la propria morte o una visita dal dentista.

La seconda fase dell’esperimento prevedeva che tutti i partecipanti provassero a scrivere la didascalia di una vignetta satirica del The New Yorker. In seguito i lavori dei quattro gruppi venivano presentati ad una giuria indipendente che non era a conoscenza dell’esperimento.

I risultati hanno mostrato come il gruppo esposto allo stimolo prime riguardante la morte fosse in grado di creare didascalie giudicate più divertenti rispetto al gruppo sottoposto allo stimolo con la parola “dolore” e ai gruppi di controllo.

La conclusione porta a considerare l’umorismo come una risposta molto potente in grado di schermarci dalle nostre peggiori paure, come anche la consapevolezza della morte.

L’umorismo rappresenta quindi un’arma fondamentale nelle battaglie contro i brutti pensieri che possono affliggerci tutti i giorni e che provocano alle volte uno stress difficile da sostenere.

di Daniele Sasso

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