Storia

Seconda Guerra Mondiale: i rifugiati ebrei che scapparono dalla Germania nazista…e tornarono per combattere

Quando i soldati americani scesero in campo contro la Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, tra di loro c’era un gruppo particolarmente motivato: i Ritchie Boys, 2000 rifugiati ebrei che scapparono dalla furia di Hitler, ma poi decisero di tornare in Europa per affrontare il loro aguzzino come membri dell’Intelligence militare americana.

I cosiddetti Ritchie Boys, questo il nome dei circa 2000 rifugiati ebrei che si unirono all’Intelligence militare statunitense per combattere i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale, facevano parte dei 15’000 arruolati in programmi di addestramento a Camp Ritchie, un ex campo della guardia nazionale del Maryland, intitolato al defunto governatore Albert C.Ritchie.

Molti degli ebrei tedeschi e austriaci, che erano scappati dalla Germania per sfuggire alla furia omicida di Adolf Hitler, si erano rifugiati a Camp Ritchie quando erano ancora designati come “stranieri nemici”.

Qui, in cambio della loro conoscenza della lingua, della cultura e della topografia tedesca, che si rivelarono fondamentali per gli americani e per i loro sforzi bellici, ricevettero la cittadinanza statunitense.

I Ritchie Boys in prima linea

I Ritchie Boys, alcuni dei quali sbarcarono anche sulle spiagge della Normandia, aiutarono gli americani a interpretare documenti e a raccogliere informazioni sul nemico.

Le divisioni che hanno liberato i campi di concentramento includevano anche centinaia di Ritchie Boys, che hanno intervistato i sopravvissuti.

Il banchiere David Rockefeller e l’attivista per i diritti civili William Sloane Coffin erano tra i Ritchie Boys, che venivano assegnati a ogni unità dell’esercito e dei marines.

Sebbene i membri dei Ritchie Boys abbiano ricevuto più di 65 Silver Stars (uno dei massimi riconoscimenti militari concessi dal Governo degli Stati Uniti), il loro gruppo non era molto conosciuto durante la guerra.

La situazione è cambiata quando, nel corso degli anni, i Ritchie Boys hanno ricevuto più riconoscimenti.

Oltre al premio del Museo dell’Olocausto, il Senato degli Stati Uniti ha approvato una risoluzione nel 2021 in cui onorava “il coraggio e la dedizione dei Ritchie Boys” e riconosceva anche “l’importanza del loro contributo al successo delle forze alleate durante la Seconda Guerra Mondiale.”

Come nacque l’idea di un corpo di intelligence militare formato da rifugiati ebrei

Verso la fine degli anni Trenta, il generale George Marshall, allora Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, si rese conto che se gli Stati Uniti fossero scesi in guerra, avrebbero avuto bisogno di un corpo di Intelligence sul campo di battaglia.

Cosa che, ai militari statunitensi, mancava. E nell’era della guerra meccanizzata, sapere che aspetto avevano questi grandi eserciti, quali erano le loro capacità e come erano disposti, era fondamentale.

Tuttavia, per ottenere questo tipo di informazioni, in particolare dai nemici che venivano catturati sul campo di battaglia, aveva bisogno di persone appositamente addestrate per farlo.

Per realizzare ciò, gli americani impararono l’analisi delle foto, l’analisi del terreno, la ricognizione aerea, l’analisi dell’esercito nemico, gli interrogatori, l’intelligence dei segnali e molto altro.

Quando la conoscenza di molte lingue poteva fare la differenza

In un momento in cui le forze armate statunitensi avevano urgente bisogno di persone che parlassero lingue straniere diverse dall’inglese, i Ritchie Boys si rivelarono una risorsa molto importante.

Molti erano nati o avevano vissuto per molto tempo all’estero. Il gruppo comprendeva anche un gran numero di americani di prima o seconda generazione, che parlavano ancora il tedesco o altre lingue a casa.

C’erano almeno trenta lingue parlate a Camp Ritchie, ma la preferenza era ovviamente per i tedeschi, perché la maggior parte delle forze nemiche parlavano tedesco o erano tedesche.

I militari poi non scelsero a caso, ma puntarono fin da subito su persone intelligenti e molto dotate, perché dovevano elaborare un’enorme quantità di informazioni.

In alcuni casi venne richiesto loro di memorizzare libri di battaglia, che raccontavano ai soldati l’organizzazione, la struttura, la capacità, la leadership e l’esperienza del nemico.

Alcuni di questi libri erano lunghi anche cinquecento pagine!

Ritchie Boys: molti di loro affrontarono l’antisemitismo durante il loro servizio

Alcuni dei Ritchie Boys, oltre ai pericoli sul campo di battaglia, affrontarono anche l’antisemitismo dei loro commilitoni.

La maggior parte dei ragazzi nell’addestramento di base erano meridionali, che odiavano i ragazzi ebrei di New York e, per la maggior parte del tempo, spezzavano loro i baffi.

Molti dei rifugiati ebrei persero i loro familiari e, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, li cercarono.

Alcuni di loro vennero anche coinvolti nella raccolta di informazioni, che è stata poi successivamente usata come prova per i processi di Norimberga e per i successivi processi per crimini di guerra contro i gerarchi nazisti.

A partire dal settembre del 1944, l’esercito degli Stati Uniti iniziò ad addestrare i giapponesi americani a Camp Ritchie per sfruttare le loro abilità linguistiche nello sforzo bellico, questa volta contro il Giappone.

I giapponesi americani, che erano stati internati nel campo, subirono, in un certo senso, lo stesso destino dei rifugiati ebrei, che fino alla metà del 1942 vennero considerati nemici perché provenivano da paesi con cui gli Stati Uniti erano in guerra.

Di Francesca Orelli

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