8 Ottobre 2024
Gruppo di gatti

I gatti sarebbero in grado di riconoscere non solo il proprio nome ma anche quello dei conviventi, siano essi umani o altri gatti, ma risulta più probabile in un ambiente familiare e routinario (Immagine: PixaBay)

Una ricerca giapponese rivela che i gatti comprendono non solo il proprio nome ma anche quello degli altri gatti e degli umani con cui convivono

Studi degli ultimi anni indicano come al pari dei cani anche le divinità domestiche note come gatti siano in grado di riconoscere il nome attribuito loro dai sudditi umani: in sostanza, capiscono benissimo di essere chiamati ma non se ne curano. Uno studio giapponese ha tuttavia rivelato che esiste una complessità anche maggiore dietro questo meccanismo di comprensione.

I piccoli felini sarebbero infatti in grado di riconoscere persino i nomi degli altri gatti con i quali convivono così come degli esseri umani. Potrebbe sorprendere realizzare che un gatto conosca il tuo nome ma i cani sono addestrabili a riconoscere e memorizzare centinaia di cose diverse quindi che anche i gatti posseggano un certo livello di capacità analoghe non dovrebbe essere un’eventualità in fondo così inattesa.

Queste creature all’apparenza superiori e distaccate, di certo altamente indipendenti, dunque ci osservano attentamente, ci tracciano addirittura? “Quello che abbiamo scoperto è sorprendente. Non sembra che i felini ascoltino le conversazioni delle persone, ma in realtà lo fanno” spiega Saho Takagi dell’Università di Azabu in Giappone, ricercatore nel campo delle scienze animali.

I bar dei gatti dall’Asia hanno cominciato a diffondersi a livello globale

Nello studio Takagi ha con il suo team di ricercatori studiato i gatti che vivevano in abitazioni con diversi loro simili, sia nel classico ambito domestico che nei neko cafè, una tipologia di bar divenuta molto popolare negli ultimi vent’anni in Giappone, dove i visitatori possono interagire con i numerosi gatti ospitati.

Il test consisteva nel mostrare al gatto l’immagine, sullo schermo di un computer, di un altro gatto residente nella stessa casa o bar e che dovrebbe di conseguenza risultargli famigliare: mentre l’immagine era mostrata, veniva fatta ascoltare al soggetto la registrazione del proprietario mentre pronunciava il nome del gatto nella foto oppure il nome di un altro gatto. I ricercatori hanno scoperto che i gatti domestici passano un tempo maggiore a osservare lo schermo quando il nome pronunciato non era quello del gatto nella foto, forse perché perplessi o incuriositi dalla mancata corrispondenza dell’immagine e del nome del gatto modello.

I gatti del neko café non hanno invece mostrato lo stesso ritardo durante l’osservazione della foto. Forse perché vivevano in dimore con numerosi altri gatti (a differenza dei pochi in ambito domestico) e avevano quindi meno familiarità con il gatto modello e il suo nome.

“Solo i gatti domestici si aspettavano di vedere una specifica faccia di gatto dopo aver sentito il nome del gatto modello, suggerendo che lo attribuivano a un individuo specifico”, scrivono i ricercatori nel loro articolo. Essi ritengono i gatti probabilmente imparino la relazione nome-volto osservando le interazioni fra terze parti a casa, mentre è plausibile i gatti che vivono nei bar insieme a decine di loro simili e un andirivieni di esseri umani a loro estranei non abbiano proprio da un punto di vista sociale le stesse opportunità di imparare i nomi degli altri gatti.

Il secondo esperimento si è svolto in modo analogo ma con gli esseri umani come stimolo al posto del gatto modello. Ai gatti veniva mostrata l’immagine di una persona con cui vivevano (in una famiglia composta da più persone) e contemporaneamente veniva pronunciato il nome corretto della persona oppure un nome che non era il suo.

Anche in questo caso i gatti sembravano interessarsi dello schermo del computer leggermente più a lungo quando c’era una discrepanza fra l’immagine e il nome, ma questo effetto tendeva a essere maggiore nelle famiglie in cui vivevano più persone e nei casi in cui il gatto aveva vissuto con quella famiglia più a lungo.

Studiare il comportamento dei gatti è in sé un’impresa irta di difficoltà

“La nostra interpretazione è che i gatti che vivono con più persone hanno maggiori opportunità di sentire usare i nomi rispetto ai gatti che vivono con meno persone e che vivere con una famiglia per un tempo più lungo aumenti quest’esperienza. In altre parole, la frequenza e il numero di esposizioni agli stimoli possono rendere più probabile l’associazione nome-volto”, spiegano i ricercatori.

I ricercatori concludono che il loro studio presenta “La prima prova che i gatti domestici collegano le espressioni umane e i loro referenti sociali attraverso le esperienze quotidiane” ma riconoscono nel contempo che il test è stato condotto su piccola scala, coinvolgendo solo qualche decina di gatti. Nondimeno i risultati giustificano il proseguimento della ricerca su basi più ampie. E in effetti, spiegano, ancora non sappiamo molto sui meccanismi specifici alla base dell’apprendimento sociale nei gatti.

Mentre gli animali coinvolti nello studio sembravano associare nomi e volti, sia nel caso di esseri umani che in relazione ad altri gatti, ancora non possiamo dire di comprendere in modo assoluto come sviluppino tale associazione nei loro ambienti di vita. Ciò in parte dipende, banalmente, dalle difficoltà insite nello studiare i gatti: come puntualmente riportano gli autori stessi, durante questo studio un gatto ha completato solo la prima prova, poi è fuggito via dalla stanza per arrampicarsi fuori della loro portata. Chiaramente il verbo sgattaiolare ha una sua ragion d’essere.

La ricerca Cats learn the names of their friend cats in their daily lives è stata pubblicata su Scientific Reports (aprile 2022).

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