I geyser di Encelado

Il mistero dei geyser su Encelado, luna di Saturno

Un diametro di 504 chilometri (all’incirca la metà della lunghezza totale della penisola italica), ricoperta da uno strato di ghiaccio dell’ordine di 20 o 30 chilometri e una temperatura superficiale di -201° Celsius. Ecco Encelado (la pronuncia corretta è all’italiana, con l’accento sulla seconda “e”), una delle lune più grandi di Saturno.

Fu Cassini-Huygens, missione congiunta fra NASA, ESA e ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana, a raccogliere le prove dell’esistenza di un profondo oceano allo stato liquido all’interno del guscio ghiacciato e nel 2006 vennero rilevate schiere di geyser nelle fenditure, le strisce di tigre, localizzate nei pressi del polo sud della luna che sparano letteralmente acqua all’esterno attraverso il fenomeno del crio-vulcanismo fino a un ritmo di 200 chilogrammi al secondo, dando vita al mistero di come possa un corpo così piccolo possedere un’attività geologica tanto vivace.

La presenza di acqua liquida è uno dei presupposti per la nascita della vita

In un nuovo studio Max Rudolph, assistente professore di geofisica presso l’Università della California, ha elaborato con i suoi colleghi un modello basato sulla fisica per mappare le condizioni che potrebbero consentire alle spaccature di raggiungere dalla superficie l’oceano sottostante e causare le eruzioni. Il modello tiene conto dei cicli di riscaldamento e raffreddamento, di una durata dell’ordine dei cento milioni di anni, associati ai cambiamenti nell’orbita di Encelado attorno a Saturno. Durante ogni ciclo, il guscio di ghiaccio subisce un periodo di assottigliamento e uno in cui si ispessisce attraverso il congelamento alla base, che cresce verso il basso come il ghiaccio in un lago.

La pressione esercitata da questo ghiaccio in espansione verso il basso sull’oceano sottostante è un possibile meccanismo che i ricercatori hanno proposto per spiegare i geyser di Encelado. Quando il guscio di ghiaccio esterno si raffredda e si addensa, la pressione sull’oceano interno aumenta poiché il ghiaccio possiede più volume dell’acqua. L’aumento della pressione causa inoltre stress nel ghiaccio stesso spaccandolo e creando percorsi che consentono all’acqua liquida di raggiungere la superficie a oltre 20 chilometri di distanza.

Secondo il nuovo studio, la pressione sarebbe sufficiente a giustificare le fenditure a strisce di tigre visibili su Encelado ma non abbastanza intensa da far schizzare l’acqua dalla superficie, nemmeno considerando le forze combinate della pressurizzazione oceanica e della contrazione termica, inducendo i ricercatori a escludere questa spiegazione per l’esistenza dei geyser.

Il polo sud di Encelado
Le “strisce di tigre” in prossimità del polo sud di Encelado, probabilmente crepacci che si spingono fino all’oceano sottostante (Credit: NASA/JPL-Caltech/SSI/Lunar and Planetary Institute, Paul Schenk (LPI, Houston))

Giove e Saturno ospitano grandi lune dalle caratteristiche differenti

In un precedente studio, nel 2016, Miki Nakajima e Andrew Ingersoll avevano ipotizzato che l’acqua che entra in queste fessure finisca con l’esporsi direttamente allo spazio, Encelado è privo d’atmosfera, bollendo spontaneamente una volta a contatto con il vuoto. Secondo Rudolph tale spiegazione è coerente con l’aspetto esterno di Encelado, che non mostra prove di flussi di criolava fuoriuscita dalle crepe sulla superficie.

Sono peraltro nel frattempo emerse indicazioni che anche su Europa, altro satellite ghiacciato ma in orbita intorno a Giove, possa essere in atto un fenomeno eruttivo simile, ma le conoscenze sulle attività in corso su questo satellite sono più limitate. Rudolph esclude tuttavia che lo stesso meccanismo di pressione oceanica ed eruzione spontanea possa spiegare il crio-vulcanismo di Europa e sono necessarie ulteriori ricerche e osservazioni per determinarne le potenziali cause.

Maggiore conoscenza potrà essere acquisita grazie alla missione Europa Clipper, la cui partenza è prevista per il mese di ottobre 2024 e che raggiungerà Europa tre anni più tardi, permettendoci di comprendere meglio la geologia di questo corpo celeste grazie a 45 flyby, mentre la missione Jupiter Icy Moons Explorer (JUICE) dell’ESA raggiungerà Giove cinque anni dopo per studiare altri due satelliti, Callisto e Ganimede.

Lo studio Cooling Crusts Create Concomitant Cryovolcanic Cracks è apparso sulla Geophysical Research Letters (2022).

Guarda anche:

Condividi

Rispondi