Ricercatrice affama batteri per ridurre l’inquinamento da industria mineraria
L’industria mineraria per l’estrazione dei metalli dal sottosuolo è assolutamente fondamentale per le attività umane ma anche grande causa di inquinamento. Una ricercatrice cilena, Nadac Reales, propone un metodo per alleviare il problema che consiste nell’affamare dei microbi.
Lo studio di Reales si è concentrato in particolare sugli scarti metallici, solo in minima parte oggi riciclabili: nel suo Paese natale tonnellate di roccia vengono semplicemente scaricate nel deserto di Atacama, dove ha sede la maggior parte delle industrie minerarie cilene.
Il Cile è il primo produttore mondiale di rame, che genera il 15% del Prodotto Interno Lordo.
Alla dottoressa Reales, biotecnologa presso il proprio laboratorio nella città di Antofagasta, venne in mente l’idea di utilizzare microorganismi per agevolare l’estrazione del rame già ai tempi dell’università e diede quindi inizio a una serie di test in tal senso. L’interesse si è infine diretto verso un batterio ferro-ossidante chiamato Leptospirillum ferriphilum.
Il batterio, estratto dai geyser del Tatio a 4200 metri sul livello del mare, è un organismo estremofilo, ovvero in grado di prosperare in condizioni che fino a non molto tempo fa si ritenevano assolutamente proibitive per qualsiasi essere vivente. Nello specifico la “casa” del Leptospirillum consiste in un ambiente così acido da non essere alterato da elevate concentrazioni della maggior parte dei metalli.
Inizialmente i batteri impiegavano due mesi per divorare un chiodo, ma nel caso siano affamati e le risorse scarseggino essi devono in qualche modo adattarsi. Dopo due anni di ricerche il team di Reales è riuscito a incrementare la velocità inducendo i Leptospirillum a nutrirsi e fare scomparire del tutto un chiodo in soli tre giorni.
Proficui effetti collaterali
I batteri e la loro azione non sono dannosi per l’uomo né per l’ambiente, ma vi sono ulteriori benefici: quel che rimane dopo il termine del processo di disgregazione del metallo è un residuo liquido, una sostanza le cui qualità lo rendono utile nel procedimento di estrazione mineraria chiamato idrometallurgia. Potrebbe essere impiegato nel recupero del rame dalle rocce in modo più sostenibile rispetto agli agenti chimici attualmente in uso per la lisciviazione.
In attesa di poter testare il procedimento su più grande scala per confermare gli estremofili siano in grado di “riciclare” efficacemente grandi quantità di residui metallici, le aziende minerarie hanno espresso interesse nei confronti di questa tecnologia che potrebbe permettere loro di incrementare la capacità di estrazione di rame e altri metalli riducendo contemporaneamente l’impatto ambientale delle proprie attività, come peraltro richiesto da norme e regolamenti nazionali e internazionali.