Alcuni storici della medicina affermano che, lo studio delle precedenti pandemie, può aiutare, e anche migliorare, la nostra comprensione del contesto delle malattie infettive del XXI secolo.
Monica H.Green, una professoressa che insegna storia della medicina, ha affermato che anche l’analisi della prima pandemia di peste può aiutarci oggi a capire come si muovono queste patologie.
“Le malattie batteriche sono diverse dalle pandemie virali, ma si possono ancora riscontrare nella maggior parte della popolazione umana. In termini di attività, soprattutto per quanto riguarda i modi con cui si diffondevano e le reazioni degli esseri umani ad esse, lo studio delle antiche pestilenze può arricchire la nostra comprensione.”
Per concludere, noi del Giardino offriamo una prospettiva storica delle quattro pandemie del secolo scorso, evidenziando alcuni punti di confronto in termini di come pensiamo – e parliamo oggi – delle malattie.
1.Influenza spagnola (1918-1920)
L’influenza spagnola, ancora oggi, detiene il record di vittime, tanto da guadagnarsi il titolo di pandemia più devastante del secolo scorso. Secondo i dati in nostro possesso fece tra i 20 e i 50 milioni di morti.
Allora però, rispetto al passato, accadde già qualcosa di straordinario.
Le persone si misero in quarantena, furono costruiti ospedali di emergenza e si cominciò anche a discutere dell’utilità delle mascherine.
Una risposta alla protezione della salute pubblica che, guarda caso, nel 2020 abbiamo adottato anche con il nuovo Coronavirus.
2.HIV/AIDS (1981-oggi)
La pandemia di HIV/AIDS, iniziata negli anni Ottanta, fino ad oggi ha provocato la morte di 32 milioni di persone in tutto il mondo.
La patologia non entrò subito nei radar dei medici: la sua invisibilità fu il risultato dei ben noti pregiudizi (esempio: che fosse una prerogativa dei tossicodipendenti o delle persone che avevano rapporti con le persone del loro stesso sesso) che insorsero molto presto riguardo a quelli che l’avevano contratta e come l’avevano contratta.
Oggi, complici anche le numerose campagne di sensibilizzazione in materia di rapporti protetti, la mortalità di questa malattia è gradualmente diminuita.
3.Influenza suina (2009-2010)
Durante la pandemia di influenza suina 18’500 decessi vennero registrati in laboratorio, ma i modelli statistici suggeriscono che la vera entità delle morti avrebbe potuto raggiungere anche le 570mila vittime.
Non era insolito, già dieci anni fa, che la retorica sull’influenza suina fosse più vicina a quella della sicurezza nazionale rispetto all’assistenza sanitaria.
Il linguaggio di preparazione e di sicurezza nazionale, messo in atto durante la Guerra Fredda, si applicava bene alle malattie infettive.
Nel contesto post 11 settembre 2001, non sorprende che questa lingua sia passata dalla metafora alla politica reale, in modo abbastanza esplicito, negli Stati Uniti, dove catastrofi naturali e malattie epidemiche sono state affidate al Dipartimento della Sicurezza Interna.
L’influenza suina, come oggi il Coronavirus, non era solo una minaccia alla sicurezza nazionale. Era un avversario ufficiale.
4.Coronavirus (2020)
Il nuovo Coronavirus, ad oggi (dati 30 aprile 2020), ha provocato 228mila morti in tutto il mondo e più di 3 milioni di casi confermati da gennaio 2020.
A differenza delle altre pandemie storiche, una delle cose più sorprendenti è stato il modo tempestivo con cui i piccoli stati hanno cominciato a prepararsi, e questo nonostante la patologia si trovasse, per il momento, confinata in Cina.
Merito della velocità delle comunicazioni sul movimento della malattia. Se pensiamo solo all’influenza spagnola, non è difficile capire che, nel 1918, le notizie viaggiavano molto più lentamente e che, di conseguenza, anche le risposte erano più lente.
Di Francesca Orelli
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