Il cervello, macchina meravigliosa, ha la capacità di redistribuire i compiti sfruttando le aree non utilizzabili per gli scopi cui erano originariamente preposte. È quel che suggerisce una ricerca i cui risultati sono apparsi in un articolo sul Journal of Neuroscience a firma di Rita Loiotile, Rhodri Cusack e Marina Bedny.
La ricerca della Society for Neuroscience è stata condotta con la collaborazione di persone non vedenti dalla nascita e, per comparazione, individui normovedenti ma con gli occhi bendati.
Al gruppo, in stato di totale relax, sono state fatte ascoltare quattro diverse tipologie di sonoro: l’audio di un film, una normale narrazione in termini e modalità coerenti e comprensibili, una narrazione in versione per così dire “shuffle”, ovvero frasi perfettamente comprensibili ma mescolate in modo da non poter dare un senso generale coerente alla narrazione, e un’ultima variante che prevedeva l’ascolto al contrario della storia narrata, quindi del tutto privo di parole e concetti comprensibili.
Il monitoraggio dell’attività cerebrale durante gli ascolti ha rivelato in entrambi i gruppi variazioni nelle aree chiamate in causa a seconda della tipologia di suoni da elaborare: la corteccia uditiva per gli stimoli di base, la zona temporo-parietale e prefrontale per le necessità più complesse come la comprensione dei discorsi parlati.
La corteccia preposta alla comprensione delle immagini ha mostrato un’attività decisamente più marcata fra i non vedenti, ma solo durante l’ascolto dell’audio tratto da film o durante la narrazione regolare. Il livello di attività è intermedio in caso di narrazione con frasi mischiate mentre rimane bassa quando si ascolta l’audio senza senso (la narrazione al contrario).
Le conclusioni indicano che negli individui non vedenti dalla nascita la corteccia preposta alle attività visive è chiamata in causa in presenza di suoni che richiedono un’elaborazione complessa, come una narrazione o un film (inclusi suoni ambientali o naturali) molto più che nei normovedenti, mentre non vi sono variazioni significative nell’attività delle parti del cervello espressamente “dedicate” all’elaborazione dei suoni in entrambi i gruppi.
Questi studi ci aiutano a capire quanto e come il cervello possa variare le proprie funzionalità su base strettamente fisiologica e quanto invece tali adattamenti possano essere conseguenza delle esperienze personali dell’individuo.
È naturalmente una leggenda smentita da tempo che noi tutti usiamo solo il 10% delle nostre capacità cerebrali, ma le capacità del cervello sono indubbiamente straordinarie e tanto resta ancora da esplorare e da capire.
Di Corrado Festa Bianchet