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Ultimati i lavori al Duomo di Torino dopo il terribile incendio: coro, galleria e scurolo

In Piemonte le influenze dell’architettura rinascimentale, molto viva nell’Italia centrale, si manifestarono solo sul finire del Quattrocento con la ricostruzione del Duomo di Torino (1491-1498) in luogo delle tre chiese medievali dedicate a S. Giovanni, S. Salvatore e Santa Maria del Duompo, per volere del cardinale Domenico della Rovere e su progetto di Amedeo di Francesco da Settignano. Il Duomo, unico edificio rinascimentale e importante elemento identificativo della torinesità, venne messo a repentaglio dall’incendio che divampò nella notte dell’11 aprile 1997 e che devastò la cappella della Sindone.

Dopo 27 anni di complicati lavori di messa in sicurezza, consolidamento, ripristino e restauro, il cantiere presso la Fabbrica del Duomo può ora considerarsi ultimato. Infatti, venerdì 16 febbraio presso la Sala degli Svizzeri di Palazzo Chiablese, in piazza San Giovanni,  sono stati presentati i restauri che hanno completato gli interventi dopo l’incendio. L’iniziativa congiunta tra Arcidiocesi di Torino e Ministero della Cultura si è svolta alla presenza dell’arcivescovo Roberto Repole, del Segretario generale Mario Turetta, del segretario regionale Corrado Azzolini, dei funzionari delle preposte Soprintendenze.

L’importanza di questi interventi è duplice: da un verso questi spazi costituiscono la “cerniera” tra l’inserimento seicentesco della cappella della Sindone e la preesistenza rinascimentale. Dall’altro verso è quanto sottolineato dall’Arcivescovo:” mi sembra molto importante -sul piano culturale- che la restituzione del Duomo e della Cappella, pur facendo riferimento a beni disgiunti della Diocesi e del Ministero, venga vissuta come un fatto unitario. Lo è certamente sul piano religioso” prosegue mons. Repole “la Cappella della Sindone è uno straordinario bene museale, ma è anche il luogo di culto che l’architetto Guarini progettò per la Famiglia Reale e per i fedeli, che vi accedevano dal Duomo attraverso i famosi scaloni sui fianchi dell’altare maggiore. Prima dell’incendio del 1997 la Cappella era talvolta utilizzata come luogo di culto e credo che sarebbe opportuno ripristinare la consuetudine di celebrarvi la Messa in alcune occasioni da concordare”.

Le opere, progettate e dirette dagli architetti Maurizio e Chiara Momo iniziate nel marzo 2023, sono state eseguite con finanziamenti ministeriali (400 mila euro), hanno coinvolto l’area sotto la cappella della Sindone ed in particolare una parte del coro, la galleria retrostante e la nuova sacrestia o “scurolo”. Spazi occupati dal cantiere realizzato per fondare la grande struttura di puntellamento della chiesa, rimossa in più fasi fino al 2018.

L’area del coro è stata direttamente coinvolta dall’incendio che ha danneggiato l’arcone in pietra, gli stalli lignei (restaurati e ricollocati nella loro disposizione originale lo scorso mese di giugno), le grandi bifore presenti sulle pareti. Questi hanno comportato la realizzazione di fori nelle volte della galleria del coro e dello scurolo e la rimozione parziale di porzioni di pavimento in pietra nei due ambienti, per formare grandi pozzi di fondazione in cemento armato; contestualmente, per permettere dei puntellamenti, è stato staccato il semicatino in plafond (struttura lignea intonacata e tela) dipinto da Domenico Guidobono e le grandi armadiature addossate allo scurolo. Gli interventi, apparentemente “demolitori”, ma fondamentali per la “messa in sicurezza” dell’area, hanno portato alla luce elementi architettonici e decorativi, finora sconosciuti, fondamentali per la lettura della storia costruttiva del Duomo. Ci illustra Chiara Momo: “dalla rimozione degli armadi appoggiati al muro dello scurolo sono emerse due edicole rinascimentali dedicate rispettivamente a S. secondo e al SS. Sacramento, poste in origine ai lati dell’altare maggiore, entrambe con il  tabernacolo; dipinte con candelabre e vari motivi tipicamente rinascimentali presenti anche sulla facciata. Esse costituiscono oggi una delle poche testimonianze degli apparti decorativi del Duomo quattrocentesco e mettono in evidenza, nei profili e nelle modanature, decorazioni policrome originali di elevato significato simbolico, per la prima volta dopo secoli, visibili al pubblico”.

Gli scavi eseguiti, oltre che per i pozzi di fondazione, per realizzare un nuovo impianto elettrico e di illuminazione, “sono da considerarsi veri interventi conoscitivi che hanno portato in luce lacerti del pavimento rinascimentale in cotto e i basamenti delle doppie lesene, ben conservati, che incorniciavano in origine l’altare maggiore -sotto il quale vi sono sepolture- dedicato a San Giovanni e demolito per la costruzione della cappella della Sindone” prosegue l’arch. Momo. Inoltre, gli scavi hanno confermato il tracciato del muro di testa del Duomo, in parte riproposto. Nel fondale del coro, nella lunetta dell’arcata centrale della galleria è stato riposizionato lo scenografico semicatino absidale, ora supportato da telaio in ferro, “Coro di angeli”, dipinto da Domenico Guidobono nel 1709.

E’ documentata la presenza di Guidobono (Savona 1668-Napoli 1746) nel 1705 a Torino, con il più famoso fratello Bartolomeo, per realizzare le decorazioni della camera da letto di Madama Reale: la sua mano, caratterizzata da un tratto grazioso e leggero, tipica del Rococò, è riscontrabile anche altri ambienti di palazzo Reale (in piazza Castello) e di palazzo Saluzzo Paesana (via della Consolata 4). Il dipinto, in parte ad encausto (evidente le tracce di cera), del Duomo è un tripudio di paffuti angeli in posizioni assai plastiche, riporta con dovizia di particolari gli strumenti musicali e i partiti dell’epoca; è luminosissimo e ancora più luminosa è la parete scorrevole in vetro curvo che separa il coro dalla galleria, su struttura in ferro rivestito in ottone brunito che  riprende le cromie dei capitelli in bronzo del portale seicentesco che si affaccia sul coro. Il cantiere della fabbrica di un Duomo non potrà mai considerarsi concluso, perché la ricerca e lo studio devono proseguire e il completamento di questi ultimi interventi hanno restituito un pezzo della nostra storia.

Giannamaria Nanà Villata

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