MICHELA MURGIA: giornalista e scrittrice scomoda ma amata da tanti.  

CHI ERA?

Nata a Cabras nel 1972, Michela, come lei stessa riconosceva, ha vissuto 10 vite. Prima di dedicarsi alla scrittura, infatti, insegna teologia, lavora come impiegata, dirigente, portiera notturna e centralinista.  È proprio durante quest’ultima esperienza che capisce quanto le parole possano fare la differenza, e, trovatasi in una situazione dove tutto è ingiusto, crede che raccontarlo sia l’unica arma. Inizia così a  scrivere con ironia, prima come diario in un blog e poi in un libro dal titolo “Il mondo deve sapere”,  della situazione di sfruttamento in cui si trovano molti lavoratori.  

Da quel momento la scrittura diventerà uno strumento essenziale per lei, che non voleva definirsi scrittrice ma attivista, e i cui libri saranno soltanto un mezzo per dare voce a chi non ce l’ha, sensibilizzare e aprire la strada a un dibattito riguardo a temi quali l’eutanasia, l’accanimento terapeutico, la parità di genere e le famiglie Queer.

Anche se un tumore renale l’ha portata via  precocemente, lo scorso 10 Agosto, a soli 51 anni, Michela Murgia, attivista, scrittrice, blogger e drammaturga, continua a essere ricordata per la più grande eredità che ci ha lasciato: le sue parole. Parole che hanno sempre diviso, intransigenti e sovversive, rendendola talvolta oggetto di emulazione e adulazione, altre volte bersaglio di scherno e insulti.

LA MALATTIA

Aveva fatto discutere  di sé anche per come narrava della sua condizione clinica, rifiutando a qualunque costo quella retorica bellica così usata quando ci si approccia a un cancro. “Non sto combattendo nessuna battaglia diceva e non chiamerei mai il cancro Il maledetto o l’alieno: non è un estraneo da cui sono invasa. Non esiste alcun vincitore tra me e lui perché non è un qualcosa che ho ma è un qualcosa che sono.” Per questo aveva scelto di chiamarlo con il suo nome tecnico: neoplasia, ovvero una nuova formazione di cellule, un processo del suo corpo.

Diceva di non aver paura della morte, solo del dolore, soprattutto di notte. “Ci sono dei momenti in cui hai paura? “A volte sì, soprattutto di notte, perché ho paura del dolore. Il corpo cambia durante la cura e tu lo senti cambiare.”

Sentir parlare una persona della propria fine, e soprattutto in questo modo, così diretto, ci sorprende, e forse, addirittura, ci turba. Alcuni nella sua stessa condizione proverebbero rabbia, perderebbero la gioia e si deprimerebbero oppure, non accettando l’idea di andarsene, si opporrebbero con tutte le loro forze. O forse, la sua narrazione degli ultimi mesi, costituiva solo un modo diverso per elaborare un grande dolore e prefigurarsi in chiave migliore un’inevitabile punto d’arrivo.

UN DOVEROSO RINGRAZIAMENTO

È difficile riassumere con poche parole Michela Murgia: è stata una donna coraggiosa, determinata,  intelligente, mai banale, pronta ad analizzare con sensibilità l’animo umano. La sua amica Chiara Valeri le ha dedicato, nella sua orazione funebre, parole che sarà difficile superare per bellezza, amore e intelligenza. Non tutti erano d’accordo con le sue idee, e del resto è giusto anche così, ma nessuno può rimproverarla per l’eleganza, la cura e la precisione della sua scrittura, nonché per la profondità delle sue fonti. perché “Ti potrà anche non piacere la mia tesi ma almeno te la propongo nella forma più completa e rigorosa, perché i lettori vanno rispettati.”

Lavorando grazie e per le parole, ci ha insegnato quanto sia importante sceglierle con cura, soprattutto quando ci rivolgiamo a un’altra persona, anche se siamo arrabbiati, delusi o offesi: lo sapeva lei, offesa ripetutamente da chi non sapeva come argomentare sul suo terreno di gioco.

Che sia piaciuta o no, una cosa è certa: mancherà per il posto vuoto che ha lasciato e molti non ne parleranno al passato, né al presente, ma al futuro.

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