Henrietta Leavitt

L’avventura della donna nella scienza – Dal Diciannovesimo Secolo a oggi

Nel corso del Diciannovesimo secolo l’accesso all’istruzione da parte delle donne cominciò a divenire un percorso via via meno accidentato. La figura più nota in campo scientifico è senza dubbio Ada Byron Lovelace: il grande talento matematico la portò a una proficua collaborazione con Charles Babbage: durante il lavoro per lo sviluppo della macchina analitica (mai realizzata in pratica) ideò un algoritmo grazie al quale viene oggi considerata la prima programmatrice di computer. Il linguaggio Ada, sviluppato negli anni settanta dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, fu così denominato in suo onore.

Dal 2009 ogni secondo martedì di ottobre si celebra l’Ada Lovelace Day, dedicato ai conseguimenti delle donne in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico

Il Novecento fu il secolo nel quale, almeno formalmente, il processo di parificazione fra uomo e donna nelle società occidentali giunse a compimento. Ma all’atto pratico la strada si rivela tutt’altro che priva di ostacoli.
Se infatti i nomi e i successi di Marie Sklodwska Curie o Rita Levi Montalcini sono universalmente noti, molti lavori fondamentali per il progresso scientifico e tecnologico rimasero nell’ombra, venendo inizialmente sottovalutati.

Durante i primi anni del secolo il fisico e astronomo Edward Charles Pickering organizzò un gruppo di lavoro oggi noto come donne computer di Harvard (ma all’epoca conosciuto anche col poco simpatico nomignolo “Harem di Pickering”) il cui compito consisteva nella catalogazione delle stelle, un lavoro lungo e certosino.

Ma in quest’ambito di piatta routine furono fatte scoperte fondamentali: Annie Jump Cannon fu autrice di un poderoso lavoro di classificazione degli spettri di 225.000 stelle e Antonia Maury scoprì alcune caratteristiche in tali spettri che permettono di determinare la luminosità assoluta delle stelle che, paragonata alla loro luminosità apparente (quella che sembra avere vista dalla Terra), permette di stabilirne la distanza da noi; e Henrietta Swan Leavitt scoprì la relazione periodo-luminosità delle variabili Cefeidi, cosa che rese per la prima volta possibile eseguire calcoli sulle dimensioni dell’universo a livello di distanza fra galassie.

Fra guerre e prevaricazioni, i riconoscimenti negati

È parere diffuso che la fisica austriaca Lise Meitner avrebbe meritato il premio Nobel per lo sviluppo della teoria che spiega i “dati incomprensibili” ottenuti in un esperimento dal chimico Otto Hahn; in pratica, spiegò il fenomeno della fissione nucleare già ipotizzato nel 1934 da Ida Noddack, purtroppo non presa sul serio poiché l’ipotesi cozzava con le idee scientifiche del momento.

Ma mentre la storia della dottoressa Meitner è complessa e intrecciata con l’ascesa del nazismo e lo scoppio della seconda guerra mondiale, altre ricercatrici furono decisamente defraudate del meritato riconoscimento: è il caso di Rosalind Franklin, ritenuta la vera scopritrice della struttura a doppia elica del DNA per cui furono premiati con il Nobel Crick e Watson.

Vi è poi la storia, divenuta popolare negli ultimi anni, di Hedy Lamarr, star di Hollywood transfuga dalla Germania nazista, che progettò un sistema di guida a distanza per i siluri: effettivamente la Marina americana se ne interessò, tuttavia i risultati cominciarono a divenire soddisfacenti sul campo solo negli anni 60. Ma dall’idea di base di Lamarr nasce la tecnologia oggi usata per reti cellulari, Bluetooth e WiFi.

Dalla medicina all’ingegneria aerospaziale

Ma come mille anni prima, il riconoscimento del lavoro delle donne sembra incontrare meno ostacoli in campo medico: da Gerty Radniz-Cori, prima donna Nobel per la medicina (1947), le cui ricerche furono fondamentali per la comprensione del diabete a Rosalyn Sussman-Yalow, Nobel per la tecnica radioimmunologica, alla farmacologa Gertrude Belle Elion, che ricevette lo stesso riconoscimento per i suoi studi sulle cellule tumorali e lo sviluppo di farmaci chemioterapici.

Oggi sarebbe davvero arduo mettere in discussione l’autorevolezza della dottoressa Lisa Randall, specializza in fisica delle particelle e cosmologia, o di Fabiola Gianotti, nominata due volte direttrice generale del CERN, sebbene le cronache scientifiche riportino ancora casi di malumori e pregiudizi che continuano a covare sotto la pelle di alcuni individui.

E anche in campo tecnologico le barriere sono ormai cadute, come dimostra il successo sia scientifico che commerciale del team di cinque donne guidato dall’ingegner Irene Cruciani nello sviluppo del Vega, innovativo lanciatore in fibra di carbonio in grado di rilasciare satelliti su diverse orbite contemporaneamente e a bassi costi. L’Italia è così entrata autorevolmente in un settore dove la concorrenza fra aziende di vari Paesi è ormai serrata e il giro d’affari è dell’ordine dei miliardi di dollari ogni anno.

Di Corrado Festa Bianchet

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