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I segreti dello sbadiglio: dalla noia all’amore

Sonno, noia, fame. Ma anche pesantezza postprandiale. Sono, è noto, queste le cause che ci portano solitamente a sbadigliare. Ma cosa di cela dietro questo atto involontario che ognuno compie in media duecentocinquantamila volte nel corso della propria vita?

Lo sbadiglio ha la funzione di apportare una grande quantità di ossigeno al sangue in tempi brevissimi: la bocca si spalanca, i muscoli del viso si contraggono e la glottide si solleva consentendo un ampio afflusso d’aria alla trachea; la cassa toracica si espande grazie alla contrazione dei muscoli costali e insieme alla distensione del diaframma ciò permette ai polmoni di espandere al massimo la propria capacità. Tutto questo in sei secondi.
La successiva fase dell’espirazione è più rapida e riporta il fisico allo stato iniziale.

Dalle teorie classiche alle ipotesi più recenti

Quali sono le ragioni fisiologiche alla base di questo riflesso? In realtà la scienza sta ancora indagando ed è sotto molti aspetti un campo di ricerca ricco di controversie. L’idea più diffusa è che serva ad apportare ossigeno alle cellule del sangue in momenti di particolare necessità: il processo digestivo è dispendioso e un pasto pesante richiede un surplus di energia, mentre a fine giornata di fronte alla stanchezza lo sbadiglio aiuterebbe il fisico a mantenersi attivo, così come in situazioni di torpore dovuti all’inattività o alla noia.

Lo sbadiglio è in effetti uno strumento utile perché ci concede una scorta di energia in quei momenti in cui può rivelarsi effettivamente necessario mantenere la vigilanza; forse nella vita moderna non tanto per questioni di sicurezza quanto di opportunità nell’ambito delle relazioni sociali: addormentarsi di fronte a una conferenza noiosa sarebbe ancor più imbarazzante di uno sbadiglio.

Anche oggi avete pandiculato regolarmente?

In condizioni di stress psicofisico lo sbadiglio è solitamente accompagnato dalla pandiculazione, meglio nota come stiracchiamento, che coinvolge la parte superiore del corpo ma a volte anche le gambe; questo indica che l’attività potrebbe essere ricondotta nel suo insieme al bisogno dell’organismo di rilassarsi tendendosi e poi lasciandosi andare. Altre ricerche come quella del biologico Andrew Gallup portano a ritenere possa sussistere anche una funzione termoregolatrice in favore del cervello.

Non solo l’uomo!

Sono tanti gli animali che sbadigliano, a partire dai più semplici vertebrati fino a predatori come il ghepardo (il riflesso è stato osservato anche come sorta di preparazione alla rincorsa alla preda), ma resta controversa la possibilità del contagio interspecie, come, tipicamente, fra cane e padrone o viceversa.

Elisa Demuru dell’Università di Parma e Ivan Norscia ed Elisabetta Palagi dell’Università di Pisa hanno condotto uno studio sui bonobo, scimmie notoriamente molto sociali, e i risultati rivelano la grande similarità col comportamento umano: la contagiosità è tanto più probabile quanto più l’individuo che sbadiglia è un proprio famigliare (il massimo dell’influenza è detenuto dal membro più anziano del gruppo) e in second’ordine se appartiene della cerchia degli amici, mentre si palesa assai meno se a farlo è un estraneo. Pare esservi quindi una forte componente empatica dietro questo spontaneo processo imitativo, fra gli umani come fra i primati.

Ti sto annoiando, amore? Forse no!

L’atto dello sbadigliare viene correlato a situazioni erotiche già in antichi testi indiani, dove viene definito un piccolo orgasmo. Lo stesso Wolter Seuntjens, ricercatore olandese ritenuto pioniere in questo campo troppo a lungo sottovalutato, ritiene lo sbadiglio possa costituire una sorta di lusinga sessuale, ma non è ancora chiaro come sia possibile distinguere la noia da un invito. Lo stesso ricercatore riporta come diversi pazienti confessino al proprio psicologo di sbadigliare durante i preliminari o l’atto sessuale stesso, è anche questo un campo di ricerca ancora aperto che potrebbe condurre a conclusioni forse non del tutto scontate.

Di Corrado Festa Bianchet

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