Il vento è più efficace dell’aria fredda nei sistemi di condizionamento naturale
Il raffreddamento della temperatura degli ambienti interni può essere responsabile di un’importante quota di energia, fino al 50% del totale consumato in alcuni edifici. Un consumo destinato a crescere ulteriormente in seguito ai cambiamenti climatici in corso, contribuendo così al persistere del circolo vizioso.
Un appartamento, un ufficio può essere rinfrescato tramite mezzi elettromeccanici che prevedono la produzione del freddo oppure attraverso la ventilazione forzata (o più spesso, naturalmente, un mix delle due tecniche).
Ma una ricerca dell’Università di Cambridge, i cui risultati sono stati pubblicati su Building and Environment, suggerisce che sistemi efficaci basati su tecniche passive come la ventilazione naturale siano in grado di abbattere i costi energetici richiesti.
Ci sono due metodi per sfruttare il movimento dell’aria in rapporto al controllo della temperatura: porre le finestre ai lati opposti della stanza dà luogo a una differenza di pressione e conseguente fluire dell’aria nell’ambiente, mentre la convezione fa sì che l’aria si sposti dalle aree calde verso quelle più fredde; ciò dipende (ed è quindi variabile) dalla presenza di persone o apparecchiature che generano calore, quali computer o schermi televisivi.
Controllare la ventilazione naturale è comprensibilmente più difficile del semplice posizionare su acceso o spento l’interruttore di un sistema di condizionamento attivo, tanto più che abbiamo l’abitudine di mantenere la temperatura all’interno di un intervallo di gradi molto ristretto.
I ricercatori di Cambridge hanno effettuato innumerevoli test facendo uso di modellini di appartamenti per verificare le diverse modalità attraverso cui l’aria fluisce nelle stanze in base a diverse condizioni di temperatura e di vento. Si è giunti così alla creazione di modelli matematici in grado di predire in che modo la differenza di temperatura fra l’esterno e l’interno influisca sulla qualità della ventilazione in una stanza; la differenza di temperatura influisce assai meno della presenza di ventilazione, principio facilmente verificabile di persona: quando in una giornata afosa ci si affaccia alla finestra in cerca di refrigerio, la differenza fra presenza o assenza di vento è ben evidente in conseguenza del sollievo che quest’ultimo apporta. Il problema è che le finestre sono solitamente posizionate a mezza altezza, nella parete; le leggi di fisica fanno sì che il calore si accumuli in gran parte appena al di sotto del soffitto, così da renderne difficile la dispersione: una finestra aperta in assenza di una sufficiente quantità di vento proveniente dall’esterno, anche se la differenza di temperatura fra interno ed esterno fosse rilevante, tenderà a far circolare e sostituire soprattutto l’aria che si trova negli strati più bassi mentre quella calda accumulata sotto il soffitto non trova una via di fuga. In definitiva, è emerso che una significativa differenza di temperatura ha scarsa rilevanza in assenza di ventilazione, mentre anche solo una piccola differenza di temperatura in presenza di ventilazione porta a risultati pratici di sorprendente importanza.
I dati raccolti dalla ricerca saranno preziosi nella progettazione di nuovi edifici o nella ristrutturazione di quelli esistenti, integrando soluzioni a costo zero in grado di ridurre drasticamente la richiesta di energia per il condizionamento della temperatura di abitazioni e luoghi di lavoro.
Di Corrado Festa Bianchet