Il valore dell’amore nelle opere di Monet

nomi portano con sé molto più che una combinazione di lettere; racchiudono significati, emozioni e immagini. Questo è vero per ciascun nome, ma indubbiamente vale per alcuni più di altri.

Immaginate ad esempio di trovarvi all’ingresso di una sala museale e di leggere sulla targhetta , il nome di Claude Monet,… Varcando la soglia che tipo di immagini e atmosfera vi aspettereste di trovare?  

Se pensate a innumerevoli serie di ninfee, specchi d’acqua, paesaggi naturali idilliaci, carichi di luce, colore e vita non siete i soli; del resto è così che Monet viene definito: “Il pittore della vita”.

Eppure in pochi sanno che dentro di sé, nascosto in profondità, Monet provava tutt’altro che vita: un grande dolore, un senso di vuoto e solitudine che schiaccerebbero chiunque, ma che per lui diventarono ispirazione e punto di forza.

A 17 anni rimase orfano di madre, perdendo così la prima persona che aveva creduto nel suo talento. Quegli anni furono tutt’altro che felici: lasciò il college, perché privo ormai del sostegno della madre e del padre, dal quale era considerato poco più che un fallito. Se non fosse stato per la zia, sorella del padre, che lo implorò di riportare luce alle sue giornate dicendogli: “Fallo per tua madre”, avrebbe abbandonato completamente i pennelli e le sue ambizioni artistiche.

UN GRANDE SENTIMENTO

Non fu facile però; i suoi lavori per lungo tempo non trovavano clientela: troppo diversi, troppo vividi, troppo reali. Le difficoltà economiche erano enormi e anche la sua storia con Camille, il primo ( e probabilmente unico) amore della sua vita nacque tra vecchie mura e povertà. Camille fu disposta a lasciare un giovane facoltoso che le avrebbe offerto una vita agiata e stabilità economica per amore del pittore e si accontentò di una casa priva di sistemi di riscaldamento e di pasti a base di latte e pane secco.
Moglie, compagna e modella delle sue opere, Camille divise tutto con il pittore:  la gioia, l’indigenza, persino la paura della Tubercolosi, malattia che si affacciò poco dopo la nascita del piccolo Jean, a soli 28 anni,

UN IMMENSO DOLORE

I due giovani sognavano paesi lontani, acque azzurrine e pozze tranquille sepolte nel verde. Ma Camille morì a soli 32 anni, dopo aver dato alla luce il secondo figlio. Nonostante le amorevoli cure del dottor Tichy e del dottor de Bellio fu tormentata da dolori atroci e, alla fine, persino da un cancro all’utero aggravato dalla nascita del secondo figlio Michel. Monet si trovò quindi solo con due figli da crescere.

Così Monet descrisse il momento in cui si trovò di fronte alla sua straziante perdita:
«Un giorno, all’alba mi sono trovato al capezzale del letto di una persona che mi era molto cara e che tale rimarrà sempre. I miei occhi erano rigidamente fissi sulle tragiche tempie e mi sorpresi a seguire la morte nelle ombre del colorito che essa depone sul volto con sfumature graduali»:

Furono mesi di oscuro silenzio , poi piano piano si fece strada nella sua apatia una donna, l’ex moglie di un collezionista d’arte, che si conquistò la sua fiducia accudendo i figli e la casa. Monet la sposò e lei gli offrì un solido aiuto economico. Il sentimento del pittore per Camille però non mutò mai e il ricordo della giovane rimase impresso nel suo cuore e nella sua mente per sempre e non basterà un’altra donna per asciugare le lacrime e placare la sofferenza.

LA FORZA NELLA PITTURA

In momenti di sconforto come questi Monet trovò forza nella pittura, usando le sue tele come vere e proprie valvole di sfogo, distruggendole e gettandole nel fuoco. Si buttò compulsivamente nella pittura cercando di immortalare la sua amata in tutte le pose e con il passare del tempo, si rinchiuse sempre di più in un mondo di ninfee e giardini, stagni e polle d’acqua; luoghi dove trascorreva intere giornate lontano da tutti ma non dai colori e dalla sua musa dormiente.

Anche quando divenne cieco non smise di dipingere le sue ninfee, a centinaia riprodotte a memoria, mentre una malattia incurabile se lo portava via a poco a poco, fino a che , nel 1926, a 86 anni si spense .

“Ciò che tiene sveglio il mio cuore è il silenzio colorato”

Una tristezza infinita aveva accompagnato i suoi ultimi anni ma niente nei suoi quadri lo faceva pensare, quadri che ancora oggi rendono Claude Monet l’unico e indiscusso Re dell’Impressionismo più puro. E nelle sue tele, proprio come avrebbe voluto il suo artefice, gli spettatori stressati possono trovare un “Asilo di meditazione pacifica” ammirando meravigliosi panorami che emanano effetti pacificanti e rilassanti.
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