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La Venere di Willendorf nell’arte preistorica

Considerata la più famosa tra le Veneri del Paleolitico, la Venere di Willendorf è una statuetta di appena 11 cm di altezza scolpita in pietra calcarea oolitica e dipinta in ocra rossa. La statuetta risale al 24.000 – 22.000 a.C. e non è originaria della zona in cui è stata rinvenuta. Ad oggi, si trova esposta al Naturhistorisches Museum di Vienna.

Storia dell’opera

La statuetta della Venere di Willendorf è stata rinvenuta nel 1908 dall’archeologo Josef Szombathy in un sito archeologico situato in Austria, presso Willendorf in der Wachau, lungo la riva sinistra del Danubio. Il sito archeologico, che risaliva al Paleolitico, venne accuratamente analizzato dopo molti anni, intorno al 1990.

Dalle analisi della stratigrafia del luogo si stimò che la datazione della statuetta fosse da collocare intorno a 25.000 – 26.000 anni fa, mentre datazioni precedenti l’avevano classificata come opera realizzata intorno al 10.000 a.C. e poi al 32.000 a.C.

Descrizione dell’opera

La statuetta della Venere di Willendorf riproduce una figura femminile nuda e con le braccia poggiate sopra i seni. A renderla caratteristica sono le varie parti del corpo, realizzate con molte rotondità e piuttosto grandi, mentre i tratti del viso non sono scolpiti.

La testa ha forma sferica e il volto è ricoperto da una capigliatura che è stata identificata da molti come un copricapo di conchiglie oppure come un’acconciatura. Infatti, potrebbe richiamare i capelli crespi e ricci della popolazione africana.

La superficie dell’opera è ricoperta da un materiale argilloso di colore rossiccio. Inoltre, la pietra calcarea ha un colore giallastro e si presenta porosa, quindi la luce è riflessa in parte e si creano dei chiaroscuri che evidenziano le ruvidità della superficie. L’ombra sottostante mette invece in evidenza le forme abbondanti della donna.

Simbologia dell’opera

La Venere di Willendorf è la più famosa tra quelle che vengono denominate Veneri preistoriche, che venivano scolpite in pietra, in osso o in avorio. Il nome attribuito è un omaggio a Venere, la dea dell’amore, ma non ha alcuna relazione storica con questa divinità.

Queste statuette, alte solitamente da 3 a 15 centimetri, spesso hanno gambe o testa allungate, probabilmente perché venivano incastrate nei campi oppure tra le rocce della caverna, a seconda delle usanze.

I tratti sessuali sono molto accentuati, come si vede dai seni enormi, ma anche dal ventre e dai glutei, molto abbondanti.

Questa caratteristica, che nella Venere di Willendorf risulta molto pronunciata e anche ben scolpita, è considerata simbolo di fertilità. Come molte altre statuette del periodo, dunque, anche questa è legata al culto della Madre Terra e alla sua capacità di prosperare.

Il simbolismo della donna in attesa rispecchia quello che era all’epoca l’aspetto principale di una civiltà, fondata sulle nascite per elevare il proprio rango sociale.

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