Il Ratto delle Sabine di Giambologna

L’opera scultorea nota come il Ratto delle Sabine fu realizzata da Giambologna tra il 1574 e il 1580 su commissione della famiglia dei Medici per arredare la cosiddetta Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria a Firenze. L’opera fu posizionata al posto della scultura bronzea di Giuditta e Oloferne di Donatello, di dimensioni decisamente più ridotte e che ormai non rispettava più i nuovi parametri di grandezza delle altre statue presenti nella piazza in seguito all’arrivo del David di Michelangelo.

Vero e proprio capolavoro del Manierismo, la scultura raffigurante il Ratto delle Sabine (alta 4,10 metri) è stata ricavata dal Giambologna da un unico blocco di marmo e rappresenta la prima opera scultorea con punti di vista multipli, che invitano lo spettatore a percorrere attorno ad essa un tragitto a spirale per osservarla dalle varie angolazioni.

Descrizione dell’opera

Il Ratto delle Sabine di Giambologna rappresenta un giovane romano che afferra e solleva in alto una fanciulla, la quale cerca di divincolarsi e di sfuggire al suo rapitore, allargando le braccia e con in viso un’espressione di terrore. In basso, tra le gambe del giovane, è raffigurato un uomo anziano (forse il padre della fanciulla) che, impaurito e disperato, cerca di proteggersi sollevando il braccio.

I tre personaggi sono disposti ad S, secondo una direttrice a serpentina che parte dall’anziano inginocchiato in basso (raffigurato frontalmente), segue con la torsione del corpo del giovane romano visto di schiena e termina nel corpo della fanciulla raffigurata di tre quarti.

Jean de Boulogne (detto “Giambologna”), Ratto delle Sabine, 1574-1580, Loggia dei Lanzi, Firenze.

Il basamento su cui poggia la statua presenta una placca in bronzo con una scena in bassorilievo che raffigura il celebre “ratto”, dove le varie figure sono disposte su più livelli di profondità.

Interpretazione e simbologia

Il Ratto delle Sabine raffigurato nell’opera di Giambologna rappresenta una delle vicende più antiche legate alla storia di Roma che, secondo la leggenda, si sarebbe verificata nel quinto anno dopo la fondazione della città, ovvero nel 749 a. C.

Dopo aver fondato Roma, il re Romolo decise di offrire delle mogli ai propri concittadini per popolare ed ampliare la città, rivolgendosi alle popolazioni vicine per stringere delle alleanze. Al loro rifiuto, il sovrano rispose con l’inganno: organizzò dei giochi solenni (i cosiddetti “Consualia”, dedicati al dio Conso) ed ordinò di invitare al grande spettacolo i popoli vicini per poi rapire le loro donne.

Allo spettacolo parteciparono tantissime persone appartenenti alle varie popolazioni stanziate nei pressi di Roma, tra cui i Ceninensi, gli Antemnati, i Crustumini e i Sabini. Proprio nel bel mezzo dello spettacolo, Romolo lanciò il segnale ai suoi uomini, che estrassero le loro spade e catturarono le giovani fanciulle (che secondo i racconti erano soltanto quelle nubili), facendo fuggire i loro padri dalla città.

Secondo la narrazione di Plutarco, l’episodio del ratto delle Sabine non viene visto come un atto di superbia, ma come una vera e propria necessità per la città di Roma, che aveva l’obiettivo di mescolare i due popoli.

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