Tsunami cerebrale: l’autodistruzione del cervello

Lo tsunami cerebrale è un fenomeno ancora poco studiato, ma che permette di mettere appunto alcune riflessioni sul comportamento del cervello umano davanti all’arresto definitivo del resto dell’organismo.

Per prima cosa è necessario tradurre questa dicitura colloquiale – tsunami cerebrale – con un termine più tecnico, che però chiarisce meglio la peculiare attività di cui stiamo parlando; si parla, infatti, di una depolarizzazione (attivazione) diffusa che coinvolge tutto il cervello.

Potremmo considerarla, banalmente, come un’ultima scarica massiccia, una vera e propria ondata di energia che percorre ogni cellula e preannuncia la fine della vita. Ma come si è arrivati alla scoperta di questa vera e propria autodistruzione cerebrale?

Lo studio che ha portato all’approfondimento dello tsunami cerebrale

Nonostante depolarizzazioni estese fossero già state indagate in passato, è stato uno studio del 2018 a porre l’accento su come a pochi istanti dall’interruzione del battito cardiaco, nei neuroni avvenisse qualcosa di incredibile.

I neurologi coinvolti dell’università di Berlino svolsero il loro esperimento su pazienti che a seguito di incidenti, arresti cardiaci o ictus presentavano lesioni incontrovertibili a livello cerebrale. Attraverso una serie di elettrodi posti sulla superficie del cervello, fu possibile monitorarne l’attività a seguito dell’interruzione di tutte le altre funzioni corporee.

Sorprendentemente, fino a 5 minuti dopo la morte “del corpo” un potenziale elettrico massiccio si diffondeva per tutte le cellule presenti nel cervello, determinando un danno irreversibile che conduceva inevitabilmente anche alla morte “della mente”.

Cervello, cuore, e la luce in fondo al tunnel

Nonostante cervello e cuore siano accomunati da una attività in qualche modo sincrona e da una forte dipendenza funzionale, il risultato più importante fu proprio la possibilità di osservare le cellule cerebrali in attività anche dopo che il cuore aveva smesso di battere.

Come sostenuto dal ricercatore Jens Dreier, “a seguito dell’arresto circolatorio, l’espansione della depolarizzazione segna la perdita di energia elettrochimica immagazzinata nei neuroni e la comparsa di processi tossici che, infine, portano alla morte.”

Lo tsunami cerebrale può essere considerato l’inizio della fine dei neuroni, ma anche uno spunto incredibile per la ricerca. Un’ipotesi sperimentale potrebbe essere, infatti, quella di ristabilire la circolazione del sangue per invertire il processo che porta alla morte cellulare a seguito di un attacco acardiaco.

Un’ultima riflessione, sicuramente più difficile da operazionalizzare, potrebbe essere quella inerente alle tipiche esperienze pre-morte che le persone attraversano pochi istanti prima della loro dipartita.

Se quando il corpo ha smesso di funzionare il cervello viene attraversato da un’ultima, importante, attivazione diffusa, forse la proverbiale luce in fondo al tunnel potrebbe essere finalmente spiegata da un punto di vista empirico e scientifico.

fonti:

Dreier JP, Major S, Foreman B, Winkler MKL, Kang EJ, Milakara D, Lemale CL, DiNapoli V, Hinzman JM, Woitzik J, Andaluz N, Carlson A, Hartings JA. Terminal spreading depolarization and electric silence in death of human cortex. Ann Neurol. 2018 Jan 13. doi: 10.1002/ana.25147. PMID: 29331091.

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