Se già diversi autori, dalla psicologia dinamica a quella sociale, avevano in precedenza sottolineato il potere dell’umorismo come strada alternativa per affrontare le proprie difficoltà, le moderne ricerche neuroscientifiche hanno potuto confermarlo con dati oggettivi sia dal punto di vista neurale che fisiologico.
La risata ci appartiene sin dalla culla. È una risposta innata che si sviluppa prima del linguaggio, circa dieci settimane dopo la nascita, e rappresenta una delle prime modalità di interazione sociale. Già nel 1998 Fried aveva localizzato la capacità di ridere nella parte più anteriore dell’area supplementare motoria, una parte del cervello che potremmo definire come a metà strada tra il pensare un movimento e l’effettuarlo.
Dal punto di vista terapeutico, l’interesse verso l’umorismo è cresciuto tanto da considerarlo un nuovo elemento all’interno delle tecniche volte al raggiungimento del benessere del paziente. La capacità, all’interno delle sedute, di utilizzare lo humor e le metafore ha il potere di favorire il rapporto con il proprio terapeuta e portare alla luce le nostre problematiche più nascoste.
Uno dei meccanismi benefici della risata deriva dalle emozioni positive che essa suscita. Queste ultime, indipendentemente da come vengano generate, comportano una serie di effetti fisiologici positivi, come ad esempio l’aumento della soglia del dolore e il maggiore rilascio di endorfine, evidenziati da un recente esperimento di Manninen nel 2017. Inoltre, molti altri studi hanno sottolineano come già il semplice sorridere possa essere implicato nella riduzione di problematiche dal punto di vista vascolare.
È stato dimostrato come l’umorismo possa essere un fattore importantissimo anche per combattere lo stress e i suoi effetti negativi. Cogliere gli aspetti umoristici della propria vita e dei propri problemi aiuterebbe l’individuo ad affrontare le avversità, permettendogli di vedere il lato divertente delle proprie sventure e di controllare in modo più efficace le situazioni stressanti.
Un esperimento di Bains del 2014 ha mostrato come un gruppo di anziani sottoposti ad un video divertente di venti minuti, rispetto al gruppo di controllo, ottenesse punteggi migliori in compiti di memoria e apprendimento.
Un altro effetto indiretto del saper ridere, infine, riguarda i rapporti sociali. La riduzione delle tensioni e dei conflitti con gli altri attraverso lo humor contribuisce alla capacità di relazionarsi in maniera più soddisfacente. Ridere con gli altri ci fornirebbe una ulteriore protezione contro patologie legate allo stress.
Il senso dell’umorismo consente di cambiare prospettiva e garantisce una maggiore capacità nella risoluzione dei problemi. Come conseguenza, il maggior sostegno sociale comporterebbe maggiori benefici alla propria salute.
Le evidenze scientifiche supportano quindi l’idea che una maggiore attivazione delle aree cerebrali implicate nella risata e in rapporti scherzosi all’interno della propria cerchia sociale forniscano una vera e propria protezione: contribuiscono a quella che viene definita “riserva cognitiva”, uno scudo in grado di proteggerci e ritardare l’invecchiamento non solo dal punto di vista mentale, ma anche per quel che riguarda il benessere dell’intero organismo.
di Daniele Sasso