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Universo: misteri dietro l’angolo

Gli ultimi anni si sono rivelati ricchi di fondamentali scoperte in ambito astronomico, alcune talmente clamorose da meritare le prime pagine dei quotidiani e i titoli d’apertura dei telegiornali persino in un Paese poco avvezzo alla cultura scientifica come l’Italia.

Eppure, anche se siamo in grado di compiere imprese quali catturare l’immagine di un buco nero distante milioni di anni luce da noi, calcolare l’età e la conformazione dell’universo ipotizzandone persino lo stato durante le prime frazioni di secondo di esistenza, e parliamo di oltre tredici miliardi di anni fa, vi sono conoscenze che al confronto parrebbero banali ma tuttora ci sfuggono.

Gli sfuggenti vicini di casa

Potremmo per esempio dare per scontata una notevole familiarità con lo spazio nelle immediate vicinanze del sistema solare, seppure inteso su scala cosmica; per esempio dovremmo sapere con certezza quali e quante stelle si trovino entro pochi anni luce da noi, quali siano le nostre vicine di casa.

Eppure, se Alfa Centauri (un sistema formato da tre stelle) è ben nota da tempi antichi e al primo posto per prossimità, 4,6 anni luce, già la Stella di Barnard, la seconda da noi per distanza con 5,96 anni luce, è talmente fioca da non essere visibile a occhio nudo tanto che fu scoperta solo a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento (era stata inizialmente catturata su una lastra fotografica ma ci volle tempo per identificarla correttamente). Ma non è nulla in confronto a Luhman 16, ubicata ad appena 6,6 anni luce da noi e al terzo posto per distanza, che fu scoperta solo nel 2013.

Le due nane brune che compongono questo sistema binario sono infatti persino più difficili da individuare rispetto alle nane rosse come la Stella di Barnard. Eppure si ritiene siano oggetti comuni nella nostra galassia, tanto che due terzi delle stelle che la compongono potrebbero appartenere a questa classe.

C’è un secondo sole nei nostri cieli?

Il fatto che una stella tanto vicina sia rimasta ignota tanto a lungo aiuta a comprendere meglio perché sussista un dibattito nel mondo scientifico riguardo l’esistenza o meno di Nemesis, il nome attribuito all’ipoteca compagna del Sole. Perché oggi sappiamo che le stelle singole sono decisamente un’eccezione e i sistemi formati da due, tre o anche più compagne sono invece la norma.

L’idea di Nemesis non è campata in aria ma si basa su ipotesi che potrebbero spiegare eventi quali il periodico turbamento nelle orbite degli oggetti nella fascia degli asteroidi o nella nube di Oort (che ospiterebbe gran parte delle comete), a loro volta forse responsabili di eventi quali alcune grandi estinzioni di massa (basti pensare all’asteroide causa della scomparsa dei dinosauri) o disastri comunque rilevanti.

L’ipotesi principale implica Nemesis sia anch’essa una nana bruna, quindi molto più piccola del Sole e praticamente oscura; ciò spiegherebbe perché non la vediamo in cielo e non siamo finora riusciti a individuarla nemmeno con i sofisticati strumenti a nostra disposizione. La sua esistenza non è affatto certa, ma la ricerca è tutt’ora in corso ed è necessario stabilire con la più precisa approssimazione possibile dove essa potrebbe trovarsi, per esempio basandosi sulle summenzionate anomalie gravitazionali che caratterizzano il movimento di altri oggetti.

Un pianeta gigante potrebbe orbitare molto oltre Nettuno

E durante la ricerca di Nemesis si è anche andati incontro alla scoperta di indizi che potrebbero condurre verso la scoperta del Pianeta 9. In realtà anch’esso è candidato a spiegare il turbamento delle orbite nella fascia degli asteroidi, ma dovrebbe possedere una massa notevole, dell’ordine di quella di un gigante gassoso come Saturno o persino Giove, data la distanza a cui dovrebbe trovarsi. Anch’esso non è ancora stato individuato con certezza, ma la sua esistenza è dal punto di vista scientifico assolutamente credibile, tanto che vale la pena continuare la ricerca.

L’universo conosciuto contiene miliardi di miliardi di galassie; le forme variano in base a parametri non ancora del tutto chiariti ma notoriamente ne conosciamo a spirale, lenticolari, a croce (forse le più enigmatiche) e alcune sono particolarmente spettacolari nella loro apparenza che ne determina anche il nome, basti pensare alla Galassia Sombrero.

Studiando le altre galassie e gli oggetti in esse contenuti possiamo capire molto dei meccanismi che regolano l’universo: fu proprio grazie all’inatteso comportamento delle stelle all’interno di esse, ruotano tutte alla stessa velocità mentre ci si aspettava la velocità aumentasse a mano a mano che ci si allontana dal centro galattico, che si iniziò a pensare all’esistenza della materia oscura, una parte dell’esistenza composta da un qualcosa che non è la materia convenzionale come la conosciamo e sembra rispondere a leggi fisiche diverse. Senza la materia oscura le stelle più esterne osservate dovrebbero addirittura sfuggire alla galassia di cui fanno parte.

Questa nostra casa poco familiare

Questo lascerebbe intendere che possiamo vantare una conoscenza approfondita di casa nostra, la Via Lattea. In realtà non è proprio così. Sappiamo trattarsi di una galassia a spirale barrata (invero ne siamo a conoscenza dal 2005) e che noi ci troviamo in uno bracci minori, denominato Braccio di Orione. Ma i bracci principali che la compongono quanti sono?
Quattro. O forse tre. Magari solo due.

Ma per quale motivo esiste quest’incertezza su un aspetto che dovrebbe essere davvero evidente?
Un’analogia consiste nell’immaginarsi all’interno di un appartamento da cui non possiamo uscire ma possiamo sporgerci dalla finestra e osservare le case circostanti: di esse possiamo stimare spesso con grande precisione le caratteristiche fondamentali, dalle dimensioni al colore alla forma.

Disponendo di un telescopio potremmo fare altrettanto con edifici lontani anche decine di chilometri, potenzialmente. Ma non saremmo in grado di stabilire di quanti appartamenti disponga il palazzo in cui ci troviamo, se sia a sezione quadrata o abbia la forma di una “L” o di una “T” o persino di che colore abbia il tetto, anche se si trova a pochi metri da noi.

Il satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea ci ha addirittura indotti a portare da 200.000 a 260.000 il diametro stimato della Via Lattea, sebbene la sua sfera d’influenza possa secondo una scoperta recente estendersi addirittura fino a 1,9 milioni di anni luce.

Non possiamo vederci da fuori e questo nella ricerca astronomica come nella vita di tutti i giorni spesso rappresenta un intoppo di proporzioni significative.

Di Corrado Festa Bianchet

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