Il cratere del Monte Tambora

L’anno senza estate e l’eruzione del Tambora

Nel 1816 le conoscenze scientifiche non erano certo al livello odierno e ci volle molto per comprendere la causa di quella strana estate, di quell’estate che non ci fu.

I giornali dell’epoca riportavano l’anomalia di temperature sottozero, ghiacciate, neve, piogge in Nordamerica come in Europa, attribuendone la causa per lo più al Sole e al fenomeno delle macchie solari, la cui vera natura sarebbe stata spiegata solo un secolo più tardi. Addirittura si ipotizzava l’astro non si fosse ancora “ripreso” dall’ultima eclissi…

Una regione ricca di vulcani

Il Monte Tambora svetta sull’isola di Sumbawa, nell’arcipelago della Sonda (Indonesia), e iniziò a dare segni d’inquietudine già nel 1812: le piccole scosse di terremoto, gli sbuffi di vapore, le esalazioni di gas proseguirono fino alla prima eruzione, datata 5 aprile 1815, quando un pennacchio s’innalzò fino a oltre venti chilometri d’altezza. Fra il 10 e l’11 aprile l’eruzione divenne intensa, il rimbombo delle esplosioni fu udito a duemila chilometri di distanza e fenomeni come i flussi piroclastici iniziarono a devastare i dintorni.

La montagna che esplode

L’esplosione vera e propria avvenne il 19 aprile 1815. Una trentina di chilometri cubici del Tambora furono spazzati via riducendo l’altezza del monte di 1300 metri, lasciando il cratere di oltre sei chilometri di diametro che vediamo oggi. Onde di tsunami, gas velenosi, massicce ricadute di cenere portarono nell’immediato alla morte di decine di migliaia di persone in tutto l’arcipelago e dintorni: ancora nel 2004 una spedizione archeologica individuò resti di abitazioni a 25 chilometri dal cratere, sotto uno strato di tre metri di cenere.

Più devastante del Krakatoa

L’esplosione del Tambora é una delle poche VEI 6 registrate in epoca storica, mentre l’eruzione del Krakatoa del 1883 corrisponde a VEI 5, ovvero dieci volte meno potente, su questa scala (che arriva fino al livello 8); quest’ultima è molto più famosa, anche oggetto di film, perché all’epoca si era intanto sviluppato il primo sistema di comunicazione globale istantanea, il telegrafo.

Chi nel 1816, l’anno successivo, abitava dall’altra parte del globo era invece ignaro delle cause di quell’improvvisa ondata di freddo e neve estiva dovuto, oggi sappiamo, alla sospensione delle ceneri e dei gas vulcanici trasportati dalle correnti aeree in tutto il mondo.

Un flagello per l’agricoltura

Le coltivazioni nell’arcipelago britannico e sul continente europeo, soprattutto a nord, subirono un duro colpo e quello che si riusciva a produrre raggiunse prezzi di vendita altissimi e anche in Asia si presentarono problemi analoghi. Il delicato equilibrio grazie a cui si genera la stagione dei monsoni fu sconvolto dagli effetti dell’eruzione, portando l’India a essere vittima di eventi estremi che spaziarono dalla siccità alle violente inondazioni.

Anche l’epidemia di colera che colpì l’area del Golfo del Bengala potrebbe essere conseguenza delle alterazioni nell’ecosistema microbiologico locale dovuto agli effetti dei violenti cambiamenti climatici originati dal Tambora, mentre in Cina gli agricoltori si sarebbero indirizzati verso la coltivazione dell’oppio, più resistente nelle condizioni avverse di quegli anni, che avrebbe a sua volta influito pesantemente sull’economia e la società cinese e sui rapporti con l’Impero Britannico, fino alla moda delle sale da oppio londinesi che costituirono uno sfondo tipico di alcuni fra i più noti esempi letterari dell’epoca, fra cui le avventure di Sherlock Holmes.

Il vulcano imprime una svolta letteraria

Villa Diodati, giugno 1816: isolati per tre giorni dal bizzarro tempo piovoso di quell’anno senza estate, Lord Byron invita i suoi ospiti John Polidori, Percy Bysshe Shelley e la moglie di quest’ultimo, Mary, a ideare e raccontarsi storie di fantasmi; fu in quest’occasione che nacquero due miti della letteratura quali Il Vampiro, di Polidori (considerato il primo racconto moderno su queste creature) e Il Mostro di Frankenstein, Ovvero il Prometeo Moderno, di Mary Shelley. Due opere che a distanza di oltre duecento anni continuano a influenzare la cultura popolare di mezzo mondo, dall’horror gotico alla fantascienza fino alle versioni romantiche più recenti. Grazie, in un certo qual modo, a un’eruzione vulcanica avvenuta nell’Oceano Indiano, dall’altra parte del mondo. La forza dei vulcani.

Di Corrado Festa Bianchet

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