11 Ottobre 2024
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Il prossimo massiccio utilizzo delle bande utilizzate per il 5G potrebbe interferire pesantemente con le tecnologie in uso per le previsioni del tempo, avvertono la NASA e altre autorità scientifiche.

La meteorologia ha fatto negli ultimi quarant’anni passi da gigante, tanto che l’affidabilità della previsione è passata da uno a cinque giorni.
Ciò è stato naturalmente possibile grazie ai progressi della tecnologia e a una sempre maggiore comprensione del funzionamento del sistema-Terra a tutto tondo, dall’atmosfera agli oceani passando per l’influenza delle attività umane.
Ora tali conseguimenti sono messi a rischio dall’introduzione delle tecnologie basate sul 5G, avvertono enti come la NASA, che non ha certo bisogno di presentazioni, e la NOAA, National Oceanic and Atmospheric Administration, ente governativo statunitense per la oceanografia, meteorologia e climatologia, con inoltre il supporto dei ricercatori del Massachusetts Institute of Technology (MIT).
Qual è il problema?
Per poter determinare previsioni accurate è assolutamente necessario conoscere con la massima precisione lo stato del meteo attuale, dalle temperature di aria e acqua al moto dei venti e mille altre variabili la cui rilevazione è critica, basandosi su dati molto deboli rilevati da strumentazioni ultrasensibili.
È il caso del vapor d’acqua.
Vediamo perché, nello specifico.
Lo spettro elettromagnetico è l’insieme di tutte le frequenze che vanno dall’infrarosso alla luce visibile, dalle onde radio ai raggi gamma, dalle microonde ai raggi X: si tratta sempre dello stesso fenomeno che agisce su diverse frequenze e lunghezze d’onda, convenzionalmente suddivise in bande.
Ogni elemento chimico è in grado di assorbire determinate frequenze dello spettro elettromagnetico, così nella banda che si genera dalla scomposizione della luce visibile nei suoi colori appaiono delle interruzioni costituite da linee nere (Linee di Fraunhofer, dal nome dello scopritore del fenomeno); è così che possiamo per esempio determinare la composizione di una stella lontana milioni di anni luce da noi: se analizziamo la sua luce e le frequenze assorbite dall’idrogeno sono “oscurate”, vuol dire che questo elemento è presente in tale oggetto celeste.
Oggi siamo in grado di fare lo stesso anche con le bande non visibili, e il vapore acqueo assorbe alcune frequenze fra cui i 23.8 GHz, adiacenti a quelle di prossimo uso per la trasmissione dati tramite tecnologia 5G.
Il problema delle interferenze tra frequenze limitrofe era sotto gli occhi di tutti ai tempi delle televisione prima del passaggio al digitale e tutt’ora riguardo le emittenti radiofoniche, ma può essere esplicata anche tramite l’analogia di noi che vogliamo dormire mentre nella stanza accanto stanno dando una festa e i fastidiosi rumori giungono fino a noi, nonostante i due locali siano separati da un muro.
Analizzare il complesso comportamento del vapore in questa banda è fondamentale per le previsioni meteo, ma il segnale rilevabile è estremamente debole e le interferenze causerebbero una drastica diminuzione dell’accuratezza di almeno il 30%, secondo la NOAA, che si tradurrebbe in due o tre giorni di ritardo sulla previsione del comporamento degli uragani, rispetto a oggi. Questo esemplifica forse meglio di ogni altro esempio cosa sia in gioco.
La World Meteorological Association raccomanda di limitare la potenza del segnale a -42 decibel per arginare a malapena il problema (più basso è questo valore, meglio è), ma la Federal Communications Commission ha posto negli Stati Uniti il limite a -20 decibel.
È stato poi raggiunto un compromesso durante la World Radiocommunications Conference, -33 decibel fino al 2027, per poi abbassarlo a -39.
I dati della ricerca della NASA in particolare verranno presto resi pubblici, sperando si possa giungere a una soluzione a questo conflitto d’interessi. Ormai la banda elettromagnetica ha praticamente raggiunto i limiti di saturazione, con tutte le frequenze disponibili in uso per vari scopi, dalla radio e televisione al GPS alla rete per gli smartphone alle frequenze riservate ai militari.
E se oggi si parla del rischio relativo ai 23.8 GHz, in futuro il problema si estenderà anche alle altre frequenze fondamentali per la scienza meteorologica.

Di Corrado Festa Bianchet

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