14 Ottobre 2024
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Un sottilissimo dispositivo basato sul grafene permette di tenere sotto costante controllo importanti parametri fisiologici grazie alla sola luce ambientale.

Anche una scienza apparentemente esotica e lontana dalla quotidianità della persona comune offre applicazioni e benefici di carattere pratico. Come è il caso della meccanica quantistica che in accoppiata con le proprietà non ancora del tutto esplorate del grafene ci porta verso un’innovazione in campo medico: la possibilità di monitorare importanti parametri relativi al nostro stato di salute tramite un dispositivo comodamente indossabile.

Apparecchiature mediche di ridottissime dimensioni di questo genere già esistono, ma sebbene possano essere contenute in un involucro morbido, la parte elettronica rimane rigida.

Il grafene è un esempio, il più famoso, di materiale bidimensionale, ovvero dotato di uno spessore pari a pochissimi atomi o addirittura uno (è questo il caso).

Scoperto negli ultimi anni, il grafene vanta caratteristiche e prestazioni straordinarie in corso di sfruttamento per la realizzazione di strumenti un tempo immaginabili solo in campo fantascientifico o nelle speranze dei ricercatori più arditi: ecco quindi le vele solari o le batterie ad alta capacità e rapida ricarica in procinto di divenire realtà.

Su Science Advances di settembre 2019 i ricercatori dell’Institut de Ciencies Fotoniques e dell’Institució Catalana de Recerça, entrambi con sede a Barcellona, descrivono una tecnica che permette di usare la pelle come una vera e propria interfaccia attraverso cui accedere a fondamentali dati di base sul corpo di chi indossa un particolare dispositivo ultrasottile e ultraflessibile in grado di sfruttare la luce ambientale a questo fine.

Ciò è possibile grazie alla “sensibilizzazione” del grafene ai fotoni ottenuta tramite l’ausilio di una nanostruttura denominata punto quantico: il risultato sono fotorilevatori di straordinaria sensibilità e responsività.

A determinate lunghezze d’onda la luce attraversa facilmente la pelle e i tessuti sottostanti per essere poi assorbita dagli elementi che compongono il sangue; l’analisi della reazione di questi elementi alla radiazione luminosa garantisce l’accesso a informazioni fondamentali: per esempio la variazione del volume dell’emoglobina all’interno dei vasi sanguigni fornisce dati estremamente precisi sulla frequenza cardiaca ed è in grado di rilevare con altrettanta accuratezza e in tempo reale l’SpO2, il valore della saturazione dell’ossigeno nell’emoglobina arteriosa, i cui livelli troppo bassi preludono a rischi d’infarto, problemi respiratori o legati a un insufficiente afflusso di ossigeno al cervello.

È anche possibile desumere informazioni relative allo stato della respirazione, che è invece addirittura causa di interferenze in grado di creare problemi nei dispositivi indossabili rigidi attualmente in uso. Un’ulteriore importante caratteristica riguarda il monitoraggio della radiazione ultravioletta, notoriamente causa di potenziali gravi danni anche di natura cancerogena.

Questa sorta di cerotto di grafene può inviare i dati in modalità wireless a un ricevitore esterno, anche uno smartphone, anche se al momento deve necessariamente trovarsi a distanza ravvicinata.

Nel prossimo futuro potranno tuttavia essere sviluppati, grazie a materiali bidimensionali diversi dal grafene, apparati elettronici completi anch’essi ultrasottili e flessibili e in definitiva una nuova generazione di biosensori indossabili, sempre più precisi, affidabili e integrati con le tecnologie di comunicazione a distanza, a beneficio della nostra salute.

Di Corrado Festa Bianchet

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