Umorismo e psicologia: I Parte – Freud e i motti di spirito

La risata è stata spesso oggetto di studio della psicologia, la quale si è interrogata per più di un secolo sull’influenza che questa potesse avere sul comportamento e sulla gestione di desideri e paure.

Per comprendere bene le basi psicologiche dell’umorismo, quindi, è impossibile non partire da Sigmund Freud, che fu tra i primi a cercare una spiegazione all’utilizzo dell’ironia nella quotidianità.

Nonostante il suo lavoro si proponesse di scavare nell’inconscio più profondo e drammatico dell’essere umano, Sigmund Freud aveva dimostrato molto interesse verso i motti di spirito e l’umorismo; questi elementi, secondo il padre della psicanalisi, dipendono dall’eterno tentativo di compromesso dell’uomo con i suoi desideri più profondi, e rappresentano, come gli atti mancati (i lapsus), un modo per vedere emergere una parte del nostro inconscio nella vita di tutti i giorni.

È possibile, secondo Freud, dividere tra i motti di spirito verbali, costituiti da giochi di parole, e i motti di spirito concettuali, che derivano invece il proprio carattere ironico dallo spostamento o il capovolgimento di un’idea.

Un’altra divisione che viene concettualizzata è quella tra motti di spirito innocenti e tendenziosi. Questi ultimi necessitano di una terza persona per essere efficaci; qualcuno che ascolti la battuta riferita alla vittima, uno spettatore trasformato in un alleato da chi parla.

I motti di spirito tendenziosi vengono suddivisi a loro volta in diverse categorie:

  • I motti di spirito cinici, che hanno come bersaglio le istituzioni, la moralità e le religioni, tendono a minare le idee che godono di rispetto da parte di tutti;
  • I motti di spirito scettici cercano invece di distruggere le nostre certezze rispetto ad informazioni che riteniamo sicure;
  • I motti di spirito osceni nascono come tentativo di sedurre indirettamente.
  • I motti di spirito ostili, infine, sono dei tentativi indiretti di aggressione.

Sono proprio queste ultime due categorie a giocare un ruolo fondamentale nella capacità di gestire desideri sessuali e aggressivi inconsci: non potendo soddisfare direttamente il proprio desiderio, questo viene convertito nella battuta, attraverso la quale si ricerca un appoggio in una terza persona, cercando di portarla dalla propria parte. Questo perché non si può affrontare direttamente il rivale, o perché l’oggetto del proprio desiderio è fuori dalla nostra disponibilità.

L’ironia avrebbe alla base un modo di pensare tipico dell’infanzia che non necessita della stessa energia psichica tipica di un pensiero maturo. Sarà proprio quella energia risparmiata, successivamente, ad essere sfogata attraverso la risata.

L’umorismo viene definito inoltre da Freud come la forma più sofisticata di comicità, un elemento che al di là della risata suscita ammirazione in chi ascolta.

Già agli inizi del 900, quindi, la risata era stata concettualizzata come un modo per scaricare l’energia repressa e superare indirettamente i propri ostacoli, guadagnandosi il rispetto della propria cerchia sociale.

di Daniele Sasso

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4 commenti su “Umorismo e psicologia: I Parte – Freud e i motti di spirito”

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