A TORINO, FONDAZIONE ACCORSI – OMETTO: “DA CASORATI A SIRONI AI NUOVI FUTURISTI. TORINO – MILANO 1920-1930”

La figura di Felice Casorati ha contribuito notevolmente all’evoluzione del panorama artistico e culturale torinese, nel periodo compreso tra il 1920 ed il 1930, in una Torino piegata e mortificata dalla Grande Guerra. La mostra “Da Casorati a Sironi ai Nuovi Futuristi. Torino – Milano 1920-1930. Pittura tra classico e avanguardia” ospitata nelle nuove sale espositive del Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto (tra le altre cose, il superbo palazzo ottocentesco è riccamente arredato con preziosi mobili appartenuti alla collezione di Pietro Accorsi), in via Po 55 a Torino, è curata da Nicoletta Colombo e da Giuliana Godio (curatrici anche del catalogo) ed è visitabile sino al prossimo 11 febbraio.  L’esposizione propone un’indagine critica sui linguaggi e sui contenuti pittorici emersi nei due principali centri del nord Italia, Torino e Milano, partendo dal 1920; anno artisticamente caratterizzato del “Ritorno all’ordine”, cioè dal recupero della classicità in ottica moderna. Sono esposte circa settanta opere provenienti da Fondazioni, Musei e collezioni private, distribuite in quattro sezioni. La prima è dedicata a Felice Casorati (1883-1963). L’artista si trasferisce a Torino nel 1918 ed entra nell’ambiente intellettuale gobettiano, antifascista; il clima culturale cittadino è piuttosto “piatto”, ancora legato alla linea accademica filo-ottocentesca dettata da Giacomo Grosso e da Leonardo Bistolfi. Ma Casorati è un innovatore, al passo con le tendenze postbelliche, traduce con un “sentire” moderno gli elementi ritrovati della pittura del Quattrocento, nella razionalità spaziale e “nella cristallizzazione delle geometrie riconosciute in Piero della Francesca, Bronzino, Carpaccio”.

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I quadri in mostra sono stati realizzati dall’artista tra il 1920 e il 1930, come Le uova sul cassettone, Maschere, Ritratto di Renato Gualino, Concerto, Beethoven, ed evidenziano la ricerca della luce, della forma, la propensione ad interpretare la solitudine, l’importanza del ritmo musicale proiettato nella purezza pittorica e nell’ordine compositivo. Nella Torino umbertina e conservatrice le opere “rivoluzionarie” di Casorati fanno subito Scuola e diventano il riferimento per una nuova generazione di artisti. Tanto che, dal 1923, attorno alla sua “bottega d’arte”, ricca di suggestioni culturali europee in cui si trasmettono saper fare tecnico e valori morali, si riuniscono sei giovani pittori, Jessie Owell. Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio ed Enrico Paulucci accomunati anche da un indirizzo filofrancese (impressionismo e post-impressionismo di Cézanne, Matisse) e neo-romantico, naturalmente opposto al sentire classicista dell’ufficialità.

Dal 1929 questi artisti danno vita al gruppo dei “Sei di Torino”, che veramente torinesi di nascita non erano, ad eccezione di Gigi Chessa e Carlo Levi (Boswell era inglese, Galante abruzzese, Menzio sardo e Paulucci genovese); il loro linguaggio artistico è “libero da regole prospettiche, rivolto al lirismo del colore e alla levità impressionistica” (dal saggio di Giuliana Godio, p.49) e influenza anche gli orientamenti artistici milanesi. Le loro opere sono esposte nella terza sezione della mostra, con un raro Progetto di pittura murale (1923) dell’inquieto, variopinto e autonomo Luigi Spazzapan.

Nella seconda sezione invece, è raccontato il “Novecento a Milano”: Milano è la culla del Novecento artistico, è il luogo d’origine del Primo Futurismo marinettiano (1910), è il luogo di affermazione del Ritorno all’ordine.  Anche qui, dal 1922, si componeva un gruppo di Sei pittori le cui seppur differenti espressioni artistiche guardano al recupero di una classicità aggiornata, alla composizione secondo le leggi dell’equilibrio, della forma, scandita da linee architettoniche e geometriche, alla sobrietà del colore (così non era per i Sei di Torino). In mostra alcuni dipinti storici di Mario Sironi, Periferia (1928), Nudo allo specchio (1923), di Achille Funi, Emilio Malerba, Carlo Carrà, Piero Marussig.

La quarta sezione conclude l’esposizione con il Nuovo Futurismo (Secondo Futurismo), dove le ricerche delle avanguardie sono in contrapposizione nei confronti del Novecento. Nel 1923 si ufficializzava il Movimento Futurista Torinese. Sindacati Artistici Torinesi, che con le loro polemiche, i raduni, con le esposizioni avanguardistiche cittadine, facevano di Torino, con Roma, il centro futurista più attivo in ambito nazionale.

Giannamaria Nanà Villata

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