“Francesco Hayez, nato da parenti poveri a Venezia […] è un grande pittore idealista italiano del secolo XIX. Il capo della pittura storica, che il pensiero nazionale reclamava in Italia: l’artista più inoltrato nel sentimento ideale…” scriveva Giuseppe Mazzini nel suo Pittori moderni italiani, pubblicato a Londra nel 1841.
Il passaggio dai rigori del Neoclassicismo alle novità del Romanticismo trova la più viva manifestazione nell’opera di Francesco Hayez (Venezia 1791-Milano 1882): una figura chiave nell’evoluzione dell’arte italiana. La sua opera è caratterizzata da una profonda emotività, da una inclinazione sentimentale inedita ed è stata ispiratrice per generazioni di artisti successivi. Questo protagonista di cambiamenti epocali, cantore della bellezza, dell’amore, dello spirito nazionalistico è celebrato nella mostra “Hayez. L’officina del pittore romantico” visitabile alla GAM -Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino in via Magenta 31- sino al prossimo 1°aprile. L’evento è organizzato dalla Fondazione Torino Musei, GAM e 24 Ore Cultura; è curato da Fernando Mazzocca ed Elena Lissoni, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove l’artista è stato professore per quarant’anni. Il percorso espositivo si snoda in dieci sezioni, in successione cronologica, con oltre cento opere tra raffinati acquerelli, disegni, e dipinti; e proprio il dialogo fra questi ci aiuta a comprendere il procedimento creativo del pittore, introducendoci quasi confidenzialmente nel suo atelier e come i disegni e gli schizzi fossero “appunti visivi” da utilizzare nella creazione delle composizioni d’insieme. La mostra ripercorre la sua lunghissima vita, quasi un secolo, e il suo percorso formativo tra Venezia e Roma dove ha avuto la possibilità di conoscere le opere di Raffaello e di frequentare lo studio dello scultore Canova, per poi ritornare brevemente a Venezia, verso il 1817, per arricchire il suo stile con l’intensa cromia tipica della pittura veneta del Cinquecento.
Hayez raggiunge la definitiva consacrazione artistica a Milano dove trova un ambiente culturalmente vivo e moderno, animato da uno spirito liberale e patriottico. Nel 1820 espone a Brera il quadro storico “Pietro Rossi” per il quale sono riconosciute novità nella scelta del soggetto e nel modo di esprimere i sentimenti attraverso l’uso del colore, con gamme cromatiche brune che creavano ombre misteriose e suggestive: l’opera, interpretata dal pubblico come simbolo della lotta politica, dei fermenti liberali, viene acclamata come manifesto della pittura romantica. L’adesione di Hayez al romanticismo e alla causa nazionale diventa sempre più evidente con “Il conte di Carmagnola” (dipinto andato poi distrutto) avallato entusiasticamente da Manzoni e da Stendhal.
A queste opere in cui il tono è intriso di sentimento individuale, di un singolo personaggio, l’artista affianca dipinti di più ampia prospettiva, dove il tema è espresso dal popolo in dimensione corale.
E così che nella speciale sezione focus dedicata ai disegni preparatori per la “Sete dei Crociati”, i protagonisti sono gruppi di personaggi che identificano gli ideali religiosi e patriottici. Hayez progetta quest’opera monumentale (363×580 cm) come proprio capolavoro. Eseguita tra il 1833 e il 1850, nel 1838 il re Carlo Alberto ne rileva la commissione per il Palazzo Reale di Torino, dove la si può ammirare ancora oggi grazie all’intervento del prof. Mazzocca che nel 1970 -a Torino in occasione di un importante evento espositivo-, notò che il quadro non era esposto nelle sale di Palazzo Reale, bensì arrotolato e dimenticato nei depositi sotterranei. La complessità della grande tela è documentata da decine di disegni, fogli tracciati a matita e resi con squisito senso pittorico, che testimoniano un lavoro fondato sulla ripresa dei grandi modelli della tradizione pittorica (Tiepolo e Piazzetta, senza dimenticare che Hayez amava paragonarsi a Tiziano) e sulla continua rielaborazione delle proprie invenzioni, dando vitalità alle gestualità delle figure, nel perfetto rapporto tra nudo e panneggio, nelle atmosfere vibranti che diventano immersive e coinvolgenti.
Parallelamente alla pittura di storia, Hayez è anche un grande ritrattista, rivolgendo la sua attenzione soprattutto alla dimensione interiore della sua committenza aristocratico-liberale milanese. Con un sapiente equilibrio tra introspezione psicologica e valorizzazione degli abiti, tra colore e luce esalta le figure femminili. Nel “Ritratto della contessina Antonietta Negroni Prati Morosini” è quasi palpabile l’imbarazzo della bimba in posa. Un morbido chiaro-scuro, fatto di pochi colori, restituisce il “Ritratto di Alessandro Manzoni” in atteggiamento pensoso. Di incredibile pathos è “Un pensiero malinconico”, semplicemente realizzato a matita, inchiostro, acquerello rialzato a biacca su cartoncino: un sensibile ritratto di una fanciulla colta in un momento di intima malinconia.
E’ sempre con un raffinatissimo gioco cromatico e luminoso che Hayez evoca brani ispirati all’Antico Testamento, rappresentando mondi e atmosfere lontane che sconfinavano nella passione ottocentesca per l’Oriente.
I nudi femminili e maschili hanno esaltato le sue capacità pittoriche: per il biblico “Sansone” l’artista ha eseguito numerosi disegni preparatori prima di vedere il dipinto definitivo, che rimase appeso come modello nel suo studio a Brera per circa trent’anni. La serie di figure femminili di provocante sensualità come ninfe, odalische, bagnanti rappresentante con “reale” plasticità, in scene del tutto moderne, quasi anticipatrici de “Le déjeuner sur l’herbe” di Manet.
La pittura di Hayez ha espresso molti valori universali celebrando anche la forza dell’amore e la bellezza femminile, come nel ciclo dedicato alle eroine romantiche, dal mito di Giulietta e Romeo a Imelda dé Lambertazzi, incentrata su travolgenti passioni, sul dramma dell’addio tra i due amanti.
Nei due capolavori “L’accusa segreta” e “Il consiglio alla vendetta”, se il disegno ed i colori da un lato donano vitalità all’intrigante composizione, dall’altra creano un’atmosfera torbida. Qui è affrontato il tema tardo-romantico della vendetta per motivi amorosi, segnando anche una svolta nella pittura storica di Hayez, in particolare nel modo di interpretare il mito di Venezia trasformata in palcoscenico per il conflitto tra le ragioni del cuore e le ragioni di stato. Se dapprima l’artista aveva preferito rappresentare fatti realmente accaduti, relativi alle grandi famiglie aristocratiche, nelle opere più tarde predilige la leggenda, sempre più presente nella cultura europea.
Dunque un poliedrico, grandissimo Francesco Hayez, fedele specchio della sua epoca, raccontato egregiamente da una incantevole mostra.
Giannamaria Nanà Villata