Diamante

Diamanti dalle profondità della terra raccontano la genesi dei supercontinenti

Gondwana era uno dei due supercontinenti che troveremmo sulla Terra se potessimo viaggiare indietro nel tempo fino prima che si unisse a Laurasia per formare la Pangea, l’ultimo supercontinente in ordine di tempo. E diamanti estratti dalle miniere di Brasile e Africa occidentale ci forniscono nuove conoscenze su formazione, movimento e stabilizzazione delle masse continentali.

Affinché i diamanti si formino è necessario un tempo lunghissimo, dell’ordine di milioni o addirittura miliardi di anni. Provenendo dalle profondità del mantello terrestre, essi posso dirci molto sulle migrazioni geologiche conosciute come Ciclo dei supercontinenti, poiché essi sono fra i pochissimi minerali in grado di resistere a queste interminabili sequenze di creazione e distruzione.

«I diamanti superprofondi sono estremamente rari e ora sappiamo che possono dirci molto sull’intero processo di formazione dei continenti» spiega Karen Smit, ricercatrice presso la Wits School of Geosciences e fra le autrici dello studio. «Volevamo datare questi diamanti per cercare di capire come si formarono i primi continenti.»

Sono fino a 12 i supercontinenti identificati nella storia della Terra

La subduzione delle placche oceaniche, il fenomeno principale dietro la tettonica a placche, può nel caso dei supercontinenti essere concentrata in regioni molto specifiche, ma essendo tali processi geologici localizzati in profondità sono molto difficili da studiare in modo diretto, anche perché la crosta oceanica è giovane, si rinnova continuamente proprio in seguito al medesimo meccanismo, mentre la crosta continentale (la terraferma, quindi in superficie) è in grado di fornire indicazioni limitate sui meccanismi profondi della Terra. I diamanti più antichi offrono una finestra diretta sul motore tettonico delle placche profonde e su come potrebbe essere correlatole al ciclo dei supercontinenti.

Esaminando le minuscole inclusioni di silicato e solfuro all’interno dei diamanti, il team guidato dalla dottoressa Suzette Timmerman dell’Università di Berna, Svizzera, ha datato i diamanti formatisi a una profondità compresa fra i 300 e i 700 km sotto Gondwana, con lo scopo di tracciare il modo in cui il materiale veniva aggiunto alla chiglia del supercontinente.

Grazie a questa ricerca la squadra ha identificato un processo geologico finora sconosciuto: «Le analisi geochimiche e la datazione delle inclusioni nei diamanti, combinate con i modelli tettonici esistenti della migrazione dei continenti, hanno mostrato che i diamanti si formarono a grandi profondità sotto Gondwana quando il supercontinente copriva il Polo Sud, tra 650 e 450 milioni di anni fa», afferma Smit.

I diamanti sono contenuti in rocce che galleggiavano sul materiale più fluido e dal mantello vennero spinti dalle profondità dove avvenivano i processi di subduzione in direzione della superficie: tutto il materiale da subduzione veniva aggiunto alla base della radice di Gondwana facendolo in pratica crescere, spingendo il supercontinente dal basso.

Esistono indicazioni di un supercontinente che precedette Vaalbara, il più antico conosciuto, ma ancora mancano prove definitive

«Circa 120 milioni di anni fa, Gondwana iniziò a disgregarsi per formare gli attuali oceani come l’Atlantico. 90 milioni di anni fa i diamanti, che trasportavano intrappolate minuscole inclusioni della roccia ospite, furono portati sulla superficie terrestre durante violente eruzioni vulcaniche».

Oggi i depositi conseguenti queste eruzioni vulcaniche sono localizzati in zone del Brasile e dell’Africa occidentale, che erano componenti fondamentali di Gondwana. I diamanti devono quindi essere migrati insieme a diverse parti dell’ex supercontinente mentre si disperdevano, appiccicati alla loro base.

«Tale complessa storia dei diamanti mostra come essi abbiano viaggiato molto, sia verticalmente che orizzontalmente, all’interno della Terra, tracciando sia la formazione del supercontinente che le ultime fasi della sua evoluzione. L’accrescimento di materiale relativamente giovane alle radici dei continenti ispessisce e salda insieme questi antichi frammenti continentali indicando una potenziale nuova modalità di crescita dei continenti».

Queste fondamentali analisi isotopiche sulle inclusioni di solfuro nei diamanti sono stati eseguiti presso la Carnegie Institution for Science, con sede a Washington, D.C. (Stati Uniti), ma ora la dottoressa Smit sta portando avanti con il suo team lo sviluppo di metodologie di analisi all’ Università di Witwatersrand (Wits University) a Johannesburg.

«Abbiamo installato le attrezzature necessarie nel 2022 e stiamo lavorando per riunire competenze e attrezzature altamente specializzate in modo da poter svolgere questo tipo di lavoro sui diamanti in Sudafrica, mentre finora poteva essere svolto solo all’estero. Abbiamo bisogno di questa tipologia di ricerca per capire come si evolvono e si muovono i continenti. Senza continenti non ci sarebbe vita. Questa ricerca ci fornisce informazioni su come si formano i continenti e si collega a come si è evoluta la vita e a ciò che rende il nostro pianeta, la Terra, diverso dagli altri».

Fonte: Sublithospheric diamond ages and the supercontinent cycle, Nature (ottobre 2023).
DOI: 10.1038/s41586-023-06662-9

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