Argenti preziosi
Quale cornice migliore poteva ospitare la mostra “Argenti preziosi”, se non Palazzo Madama a Torino? Infatti nella Sala Atelier –sino al 15 novembre – è allestita l’esposizione che percorre la storia dell’argenteria in Piemonte tra l’inizio del Settecento e la fine dell’Ottocento.
La mostra non è molto vasta, ma esaustiva e curiosa e introduce il visitatore in una suggestiva atmosfera d’antan.
Le tecniche di lavorazione dell’argento e i sistemi di controllo fissati dalla corte sabauda per verificare il valore e la qualità dei manufatti sono la prima curiosità della mostra.
L’attività degli orafi e degli argentieri è regolata dalla corporazione “Università degli Orafi e Argentieri della città di Torino”, fondata nel 1597. Si deve a Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours l’editto del 1677 che regolamenta l’attività di tale Corporazione, istituendo la figura dell’Assaggiatore di Stato, incaricato dalla Zecca di certificare con un marchio la percentuale di argento presente nel manufatto prodotto nelle botteghe torinesi. Dal 1753 viene istituito un secondo funzionario per il controassaggio. Gli oggetti in argento presentano marchi e punzonature che attestano l’avvenuto controllo e la firma dell’argentiere, caratterizzata da un’immagine e dalle sue iniziali.
La lettura dei punzoni ci permette di ricondurre gli oggetti alle botteghe nelle quali sono stati prodotti, oltre a fare emergere raffinate personalità di maestri che hanno dettato linee di gusto e di originalità nella produzione piemontese che per molto tempo è stata annoverata tra le migliori d’Italia.
Stupiscono per raffinatezza i servizi da tavola esposti composti da zuppiere, piatti, vassoi, posate, acetoliere, caraffe e compostiere per creme e mostarde; per coprire le vivande e tenerle in caldo si usano le cloche, abbinate a piatti realizzati su misura. Un paio di oggetti sono tipici dell’argenteria piemontese: la paiola e la zuccheriera. La prima è la preziosa scodella che il marito porge alla moglie, dopo il parto, per ristorarla con del brodo. La zuccheriera invece è legata al consumo del caffè. Tè, cioccolata e caffè entrano nelle abitudini dell’aristocrazia già nel secolo XVII; dapprima con interesse legato alle loro proprietà curative per poi diventare nel Settecento una vera moda in tutta l’Europa. Per gustare le costose bevande si usano servizi in porcellana orientale o eleganti argenterie che si differenziano a seconda dell’utilizzo. La teiera ha un filtro posto all’interno del versatoio, per impedire alle foglie di rovesciarsi nella tazza; la cioccolatiera è simile alla caffettiera, con il manico in legno, ma è più piccola e ha il pomolo che si sposta per poter introdurre il moissoire in legno per mescolare e amalgamare il cioccolato con le spezie che lo aromatizzano (vaniglia, cannella).
A corte e nelle case dell’aristocrazia non mancano mobili rivestiti da una lamina d’argento e suppellettili in argento come i sontuosi centrotavola: vere e proprie sculture allegoriche, ben illustrare dai disegni esposti di Giovanni Battista Boucheron; oppure i candelieri che seguono l’evoluzione del gusto, dall’estroso rococò al severo neoclassicismo: bella la coppia di doppieri punzonati dal mastro argentiere Carlo Bartolomeo Minutto.
In mostra si ammirano la mazza cerimoniale della città di Torino datata tra il 1814 e il 1824, portata dall’usciere municipale durante le funzioni pubbliche, precedendo il corpo decurionale. Numerosi gli argenti destinati al culto che impreziosiscono gli altari cristiani e testimoniano i cerimoniali della comunità ebraica; una vetrina è dedicata alle armi decorate in argento; non mancano le monete che ripercorrono la storia del ducato di Savoia.
Vezzosi sono i “dorini” che da fine Ottocento ornano le acconciature delle signore piemontesi e gli spilloni in filigrana da appuntare tra i capelli durante le feste. Strepitosi i bastoni da passeggio con il pomo d’argento, molto diffusi dal secolo XVI tra uomini e donne: aiuta le dame a reggersi sulle scarpette col tacco alto e i gentiluomini lo usano per battere colpi o percuotere le persone. La canna diventa una moda dettata da Milano, Parigi o Londra e si stabiliscono regole di galateo per portare il bastone poiché è simbolo di distinzione, lusso ed eleganza.
Giannamaria Nanà Villata