Chi burdèl de paciugh! Gli angeli del fango!

Quando ho ultimato e consegnato il libro all’editore, nessuno poteva mai prevedere né lontanamente immaginare l’apocalisse che ha devastato la Romagna, la mia terra.

Chiaramente il mio stato d’animo oggi, a fine maggio, è molto diverso da quando ho iniziato a scrivere, pertanto, quale augurio di Rinascita, ho deciso di dedicare questo libro a Cesena, la mia città, e alla Romagna, profondamente ferite, sconvolte e devastate da “e paciugh”, che in dialetto romagnolo significa “il fango”.

Quarantacinque fiumi e corsi d’acqua sono esondati contemporaneamente, hanno allagato le città di pianura, hanno seminato morte, paura e devastazione ovunque. Molte strade comunali di campagna, collina e pedemontane sono franate, i comuni di montagna sono ancora isolati, tale catastrofe ha completamente distrutto la quotidianità di migliaia di persone: famiglie, singoli cittadini e imprese hanno perso tutto quello che avevano costruito con enorme fatica, lavoro e con l’investimento dei risparmi di una vita intera.

Dopo due giorni di piogge alluvionali, “chi burdel de paciugh”, (gli Angeli del fango) giovani universitari e studenti di scuola superiore sono stati meravigliosi ad affiancare gli abitanti delle zone alluvionate, le migliaia di volontari provenienti da tutta Italia e la protezione civile: si sono rimboccati le maniche, hanno indossato stivali di gomma, acquistato una pala da neve e sono andati a spalare fango, proprio come un secolo prima avevano fatto gli “scariolanti”, (braccianti agricoli) che con la carriola e un badile trasportavano terra per bonificare quelle terre alluvionali malariche e renderle fertili.

L’Emilia-Romagna, notoriamente terra di gente tenace, laboriosa, decisa e determinata, ha saputo strappare alle acque quelle pianure alluvionali e gettare le basi per la creatività e imprenditoria romagnola.

I Romagnoli hanno poi cominciato a costruire su quelle enormi distese di terre bonificate stabilimenti balneari, hotel, coltivazioni di tabacco prima e in seguito impiantato frutteti, colture di ortaggi e così la regione è diventata leader in Italia per la produzione agroalimentare, la qualità della vita è migliorata per tutti e la gente ha cominciato a vedere il frutto della propria fatica.

Era tanto che noi bambini degli anni Sessanta non sentivamo questa parola “e paciugh”, che ci richiama alla memoria l’infanzia; i genitori ci dicevano allora di non andare “in te paciugh” (nel fango) per non sporcarci gli abiti e le scarpe.

E’ una parola dialettale, densa di significato, che porta in sé tutto un mondo di ricordi passati, adesso anche di ferite del presente e tante conseguenze sul futuro di intere comunità dislocate in tutta la regione.

Al momento la situazione permane critica nei comuni di montagna ancora isolati che vengono raggiunti quotidianamente da un elicottero che porta i rifornimenti di viveri per le persone, gli animali, generatori di corrente, ma è drammatica nei comuni del ravennate, ancora inondati di acqua putrida e la salute dei cittadini è ad alto rischio.

La solidarietà è la cura per ripartire: in tutta la regione si è creata una fitta rete di volontari, doniamo tempo, risorse, aiuto concreto a ripulire le case, a preparare pasti, raccogliamo fondi per i nostri concittadini alluvionati.

Io sono una cittadina del mondo, ma rimango anche profondamente romagnola: questa affermazione potrebbe sembrare contraddittoria, ma ritengo che tratti del nostro carattere e personalità siano proprio impressi nel DNA di ogni romagnolo.

Sono grata alla mia terra, che mi ha dato le origini, mi ha trasmesso la tempra, la grinta, la dedizione, la tenacia, l’autenticità della gente umile, che non si è mai persa d’animo, che si è sempre rimboccata le maniche e con tanto buon senso prima ha fatto e poi ha pensato.

I miei genitori hanno vissuto due guerre, hanno affrontato la miseria con dignità e sempre a testa alta hanno contribuito a migliorare la qualità di vita di noi figlie, ci hanno dato un’istruzione ed è proprio quella generazione che ha tracciato la via per rendere questa regione produttiva, benestante, conosciuta e aperta al mondo, terra di ospitalità e accoglienza.

Un bagnino ha scritto sulla sabbia dentro a un cuore” Tin bota Romagna” (Tieni botta, resisti, non mollare), questo è lo stesso incoraggiamento che Ursula von der Leyen, la Presidente della Commissione Europea, ha pronunciato il 25 maggio nel corso della sua visita alla città di Cesena, dopo aver perlustrato con l’elicottero tutta la regione per rendersi conto della totale devastazione.

Un grande abbraccio e un in bocca al lupo a tutta la gente di Romagna, che con la solidarietà, l’impegno di tutti, i finanziamenti stanziati dal Governo e dall’Unione Europea rinascerà a nuova Vita. Speriamo vivamente!

Esattamente come le protagoniste del libro!

Nadia Capellini

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