Il teschio rinvenuto a Zlati Kun

Sequenziato il più antico DNA di un essere umano moderno

Fu scoperto a Zlatý Kůň, Cechia, negli anni 50; conservato presso il Museo Nazionale di Praga, da questo teschio di donna è stato ora possibile estrarre il DNA più antico mai sequenziato appartenente a un essere umano moderno.

I test effettuati riportano a un’età di 45.000 anni, ovvero la stessa, se non qualche centinaio di anni in più, dell’uomo di Ust’-Ishim (rinvenuto in Siberia). E come in quel caso, risulta di grande interesse la modalità attraverso cui si è giunti a tale datazione.

L’evoluzione: un albero dagli innumerevoli rami

Adesso sappiamo che i nostri antenati diretti, gli Homo sapiens, si incrociarono con gli Homo neanderthalensis; ancora oggi l’1,6-1,8% del nostro DNA è Neandertal (percentuale in media leggermente più alta in estremo oriente). In Ust’-Ishim è stato invece rinvenuto il 2,3%. Questo è il totale, sotto forma tuttavia non di un unico blocco continuo ma di diverse sequenze nel genoma. La lunghezza di queste sequenze tende progressivamente a ridursi col passare delle generazioni, quindi fu ipotizzato l’unione Neandertal-Sapiens fosse fra i suoi antenati avvenuta fra i 7000 e i 13000 anni prima della sua nascita.

La donna di Zlatý kůň conserva invece un’eredità Neandertal del 3,2% e le sequenze sono più lunghe, tanto da indurre i genetisti a ritenere essa sia vissuta circa 2000 anni dopo l’ultimo incrocio. Si tratta quindi di una persona appartenente a una popolo che precede la separazione fra europei e asiatici: gli umani moderni avrebbero lasciato l’Africa 50000 anni fa mentre i Neandertal si erano già stabiliti in Eurasia molto prima, estinguendosi circa 42000 anni fa per cause ancora non del tutto chiare.

Un primo tentativo fallito?

Vi è tuttavia una sorta di colpo di scena: non si rileva una continuità genetica fra questa moderna umana vissuta oltre 40.000 anni or sono e quelli che abitarono il continente dopo tale periodo. Questa sorta di prima ondata di sapiens potrebbe aver affrontato una catastrofe climatica, forse dovuta all’eruzione dell’ignimbrite campana, che ne avrebbe compromesso le chance di sopravvivenza al pari degli stessi Neandertal.

C’è ancora molto da ricostruire per comprendere l’esatta cronologia dell’espansione umana dall’Africa verso il continente eurasiatico, attraverso quante e quali fasi si sarebbe sviluppata. Oggi abbiamo uno strumento in più, ovvero la collaborazione fra i paleoantropologi, gli archeologi e i genetisti.

L’analisi del DNA della donna di Zlatý Kůň ha anche rilevato una contaminazione da DNA bovino: si tratterebbe della colla usata per tenere insieme i frammenti del reperto e che aveva in precedenza portato a una datazione diversa; la tecnica al radiocarbonio indicava infatti un’età intorno ai 30.000 anni, ma adesso sappiamo che la presenza di DNA estraneo aveva falsato i risultati.

Fonte: “A genome sequence from a modern human skull over 45,000 years old from Zlatý kůň in Czechia, Nature Ecology & Evolution (2021)

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