Arte

Art Nouveau: il trionfo della bellezza

L’Art Nouveau è un’espressione dello spirito modernista; è un fenomeno nuovo, imponente e complesso che esplode nei paesi europei, americani e ovunque sia stato raggiunto un certo livello industriale. 

E’ un fenomeno urbano che nasce nelle capitali, ma che si estende nelle province a partire dal 1890 sino ai primi anni del Novecento, coinvolgendo in un clima comune tutte le forme in cui l’arte può esercitare la sua influenza sul costume e sulla vita sociale: dalle arti decorative alla pittura, dall’architettura all’arredamento e all’urbanistica, dalla letteratura e alla musica.

Il nuovo stile si diffonde come una vera e propria moda: questa straordinaria fioritura artistica è ben illustrata nella mostra “Art Nouveau. Il trionfo della bellezza”, allestita nelle settecentesche Sale dei Paggi, ai piani superiori delle Scuderie juvarriane della Reggia di Venaria. Visitabile sino al 26 gennaio prossimo, l’esposizione propone 200 opere, tra dipinti, sculture, manifesti, mobili e ceramiche articolati cinque sezioni.

La mostra si apre con alcune fotografie, montate su strutture aeree, realizzate da Pino Dell’Aquila raffiguranti undici edifici Liberty di Torino, particolarmente significativi, a sottolineare il ruolo della Città come “capitale” italiana del nuovo stile che ha rivoluzionato le regole accademiche e la tradizione artistica.

La crescita della città favorisce lo sviluppo di una committenza borghese legata allo slancio industriale che permette l’affermarsi di architetti, artisti e professionisti quali: Fenoglio, Vandone, Ceppi, Carrera, Betta, Velati Bellini.

E’ importante ricordare che a Torino non esistono, neppure a livello teorico, modelli di urbanizzazione o pianificazione Liberty; però appena lasciato il centro storico aulico per percorrere le vie delle aggregazioni tardo ottocentesche e di inizio novecento, si ha la sensazione di essere avvolti dal Liberty: cornicioni, cornici, finestre, vetri colorati, portoni, balconi, balaustre, ornano palazzine e villette con caratteri stilisticamente definibili come Art Nouveau.

Ancora molti anni dopo la caduta formale dello stile, molti edifici continuano ad essere decorati da motivi floreali, a dimostrazione del radicamento di un gusto che, proprio per questo, è considerato uno stile torinese.

Il contagio culturale di Torino è confermato dall’”Esposizione internazionale di Arte decorativa e industriale” inaugurata il 10 maggio 1902, che introduce la prima volta in Italia lo stile Art Nouveau.

Il nuovo stile si fonda sulla rottura con l’eclettismo e lo storicismo ottocentesco; è uno stile che con la propria dinamica funzionalità è rivolto a sciogliere i volumi e le forme, ha la missione di esaltare la libertà espressiva della linea attraverso i temi ricorrenti della giovinezza, della primavera, della fioritura.

L’Art Nouveau è il risultato del progresso raggiunto nelle tecniche e nelle arti. E’ la risposta a una società sempre più industrializzata e cosmopolita; anche gli artisti hanno fonti d’ispirazioni e visioni legate al nuovo concetto di modernità, ma è anche forte il bisogno di ritornare alla purezza dell’arte.

Grazie ad alcune importanti scoperte in ambito botanico e naturalistico, al diffondersi del microscopio, dei raggi X, della microfotografia la natura diviene la principale fonte d’ispirazione per gli artisti: è un luogo mistico, onirico, da reinterpretare e insinuare nella vita moderna; l’uomo diventa parte integrante di questo “nuovo mondo naturale” ed è sempre più assimilabile alle forme della flora e della fauna.

Grandi artisti come Emile Gallè, i fratelli Daum e Eugène Grasset hanno creato mobili e suppellettili in vetro ispirandosi alla natura con motivi floreali o zoomorfi, alle stagioni e ai cicli della vita.

Altro elemento indiscusso di questo nuovo mondo è la donna, la femme damnée, emancipata, indipendente, è la donna che fuma; è una femminilità che abbandona i canoni classici ed indossa quelli “sensuali” idealizzati da cantanti d’opera o da attrici di teatro come Sarah Bernhardt, rappresentata da molti artisti come Paul Berthod, George Clairin, ma e in particolare da Alphonse Mucha, di cui divenne la musa ispiratrice.

La fine del secolo XIX è il periodo delle esplorazioni e delle scoperte di religioni alternative, di dottrine occultiste che tentavano di svelare i misteri dell’esistenza; l’arte e la letteratura simbolista toccano profondamente l’Art Nouveau che per molteplici aspetti diventa il punto di incontro tra produzione letteraria e design. Sono proprio i designer come Maurice Bouval, Henri Heran, Aman Jean che attraverso le loro opere sottolineano questo aspetto investigativo della vita.

Nasce la figura dell’artista-designer che sfrutta tutti i mezzi che le nuove tecnologie offrono, incluse le varie forme di comunicazione.

Le arti decorative sono prodotte in modo seriale e industriale, diventano il modello della casa borghese, dell’abitare moderno, sono dei riti sociali che veicolano il gusto e il nuovo stile; questo favorisce la forte crescita di laboratori e manifatture. Ad esempio nel 1894 Emile Gallè costruisce uno stabilimento a Nancy per produrre i suoi oggetti.

La “Cristallerie d’Emile Gallè” assume un gruppo di artigiani-designer che realizzano oggetti artistici, ma in gran numero, destinati a un pubblico sempre più vasto. Gallè apre degli showroom anche a Parigi e a Francoforte per esporre mobili e creazioni in vetro e presenta i primi cataloghi che illustrano gli oggetti.

La diffusione degli stilemi dell’Art Nouveau avviene attraverso le riviste di moda e di arte, del commercio, della pubblicità – grazie all’evoluzione della stampa- degli spettacoli e delle esposizioni universali.

Furono però proprio gli oggetti a dominare le grandi esposizioni permettendo ai vari paesi di confrontarsi sulle innovazioni e sui progressi raggiunti nella tecnica e nell’arte, stabilendo legami commerciali e culturali indispensabili per dare vita a un nuovo linguaggio europeo e di oltre Atlantico che ha preso il nome di Modern Style, Tiffany (negli USA), Jugenstill, Sezession, Nieuve Kunst, Modernismo.

di Giannamaria Villata

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