ArtePittura

Shinhanga. La nuova onda delle stampe giapponesi

Palazzo Barolo, in via delle Orfane 7/A a Torino, è una delle più importanti residenze nobiliari barocche della Città. Qui i Marchesi Falletti di Barolo, proprietari da inizio Settecento sino all’estinzione del casato avvenuta nel 1864 con la morte di Giulia di Barolo, si intrattenevano con il re Carlo Alberto e con i nobili più influenti dell’epoca. E ora, dopo opportuni interventi di ristrutturazione e restauro, conserva il suo prestigio ospitando eventi culturali di grande interesse.

Le eleganti sale del piano terreno accolgono i visitatori con la bellezza e la delicatezza della mostra “Shinhanga. La nuova onda delle stampe giapponesi”. L’esposizione, visitabile sino al prossimo 30 giugno, è curata da Paola Scrolavezza, esperta di cultura e letteratura giapponese e docente presso il Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture moderne dell’università di Bologna, con la consulenza artistica di Marco Fagioli collezionista di arte giapponese; è stata organizzata da Vertigo Syndrome, col patrocinio del comune di Torino e del Consolato Generale del Giappone a Milano.

Sono esposte oltre 80 opere, mai viste in Italia, che comprendono kimono, oggetti d’arredo, fotografie storiche, riviste d’epoca provenienti da collezioni private e dalla Japanese Gallery Kensington di Londra; filmati originali arricchiscono il percorso espositivo e accompagnano il visitatore nell’affascinante mondo della nuova xilografia, delle nuove stampe: lo Shinhanga.

Il movimento, nato ufficialmente nel 1916 e proseguito sino agli anni Quaranta del Novecento, celebra la continuità e l’evoluzione della tradizione artistica giapponese, preservando e valorizzando le tecniche secolari dell’incisione su legno, pur introducendo prospettive innovative e influenze d’oltreoceano. Shinhanga è dunque il riflesso artistico di un periodo del Giappone contemporaneo che unisce mirabilmente la tradizione e l’avanzare del progresso.

Le opere di artisti come Ito Shinsui (1898-1972) e Kawase Hasui (1883-1957) si allontanano dai soggetti della corrente dell’Ukiyoe (sec. XVIII e XIX): utilizzano pigmenti brillanti e non ritraggono famose geisha, iconici paesaggi, “località famose, rese celebri nei secoli dalla poesia, dal teatro Kabuki o dalla letteratura, ma scorci caratteristici della provincia nascosta o dei sobborghi cittadini, non ancora raggiunti dalla modernizzazione, con quell’inconfondibile tocco di nostalgia che anticipa la scomparsa di un mondo minacciato dal progresso” (P. Scrolavezza, Catalogo della mostra, p.9, Skira 2024). Anche i ritratti femminili (bijinga) sono interpretati in modo nuovo: quindi non più dedicati a modelli celebri e irraggiungibili, ma alle donne reali, dei tempi moderni, ritratte nella loro quotidianità, mentre si applicano il trucco o si acconciano i capelli; sono volti giovani dai quali trapelano emozioni. Questo clima di rinnovamento e fermento culturale porta una maggiore diffusione della letteratura e dell’arte, che diventano quasi alla portata di tutti, in particolare della emergente nuova borghesia giapponese e, soprattutto di quella europea e americana. La fine dell’Ottocento segna l’inizio delle grandi Esposizioni Universali: il governo nipponico si premura di essere presente (dal 1868 al 1925) e mostrare il Paese come una nazione moderna, pur conservando il fondamentale fascino esotico. L’apertura verso l’Occidente crea un’ulteriore differenza tra Ukiyoe e Shinhanga: infatti il mercato artistico del primo era rivolto tradizionalmente al pubblico giapponese, mentre Shinhanga ha conquistato il mercato nazionale, ma soprattutto quello internazionale.

Le principali città diventano centri d’arte: tanto che nel 1876 alla Scuola Tecnica d’Arte di Tokyo insegnano tre artisti italiani: Antonio Fontanesi per la pittura, Vincenzo Ragusa per la scultura e Giovanni Cappelletti per il disegno. L’esposizione a Palazzo Barolo stimola l’attenzione su alcune peculiarità della cultura e della realtà del Sol Levante; fra queste pone l’accento sul disastroso terremoto del Kanto del 1° settembre 1923. Dopo il sisma aumenta la produzione delle incisioni Shinhanga e gli artisti raccontano un senso di smarrimento e solitudine. Domina il rapporto tra paesaggio e l’elemento climatico, l’assenza di figure umane, le strade deserte, dalle finestre delle case filtra un’illuminazione densa e artificiale; prevalgono pioggia e neve a simboleggiare la lotta dell’umanità con gli elementi naturali. E’ una mostra nuova: è un affascinante viaggio tra la bellezza e la trasformazione della cultura del sempre il misterioso e intrigante Giappone.

Giannamaria Nanà Villata

Orari:

  • martedì a venerdì   10,00-19,00
  • sabato e domenica 10,00-20,00

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