8 Ottobre 2024
Psittacosauro

Lo Psittacosaurus ritratto nella posizione in cui giace fossilizzato, con in evidenza l'area ombelicale (Credit: Jagged Fang Designs)

Scoperta per la prima volta la cicatrice dell'equivalente dei dinosauri dell'ombelico. È anche il più antico in assoluto mai osservato su un rettile o un mammifero.

Per la prima volta i paleontologi sono riusciti a identificare la cicatrice ombelicale su un dinosauro non aviano: la scoperta è avvenuta grazie allo studio di un raro esemplare di Psittacosaurus il cui fossile, in straordinario stato di conservazione, fu rinvenuto in Cina. Si tratta inoltre del più antico ombelico in assoluto mai individuato in rettili o mammiferi.

Nei mammiferi placentari come gli esseri umani l’ombelico è la cicatrice conseguenza del distacco del cordone ombelicale, alla nascita. Ma rettili e uccelli nascono dalle uova e il loro equivalente del cordone ombelicale è un collegamento fra l’addome dell’embrione e il sacco vitellino (vitellus è il tuorlo) e altre membrane come l’allantoide; il distacco avviene durante o immediatamente prima la schiusa dell’uovo e la cicatrice che rimane è a tutti gli effetti l’equivalente dell’ombelico in animali come i rettili.

Un cugino del Triceratopo

Bipede provvisto di una sorta di becco e vissuto 125 milioni di anni fa, all’inizio del Cretaceo, lo Psittacosaurus è uno dei più antichi rappresentanti conosciuti della famiglia dei ceratopsidi, dinosauri erbivori il cui esempio più famoso è probabilmente il Triceratopo (che era però un quadrupede). Il fossile oggetto dell’analisi fu scoperto nel 2002 e preserva tessuti molli come la pelle e le setole della coda.

Nel nuovo studio i ricercatori si sono potuti avvalere dell’innovativa tecnica chiamata fluorescenza stimolata dal laser (LSF), un metodo di analisi non distruttivo in grado di rivelare dettagli nei fossili che altrimenti potrebbero rimanere invisibili. Sono così emerse con dettagli spettacolari le strutture delle squame della pelle, dalle rughe alle cicatrici.

“LSF mette in risalto i dettagli in modo spettacolare” sono proprio le parole usate da Phil Bell, paleontologo presso il Paleoscience Research Center dell’Università del New England in Australia e autore principale della ricerca “Sembra davvero che l’animale possa alzarsi e andarsene. Puoi vedere ogni piccola ruga e protuberanza sulla pelle. Immaginare questi animali come entità viventi e respiranti, piuttosto che meri scheletri inerti, è ciò che mi affascina. Dare loro vita è uno degli obiettivi principali del mio lavoro”.

Psittacosaurus imaging
Immagine ottenuta tramite Laser-stimulated fluorescence (LSF) dell’esemplare di Psittacosaurus
(Credit: Bell et al. 2022)

L’analisi della pelle, centimetro per centimetro, ha richiesto anni di lavoro

I ricercatori non hanno trovato evidenze di pelle rugosa proprio nell’area addominale interessata alla cicatrice ombelicale, dove sono invece presenti tracce di lesioni guarite che mostrano tessuto rigenerativo e una netta interruzione nello schema delle scaglie, con la presenza di tessuto di granulazione liscio sull’area lesa. Qui le scaglie ombelicali presentano dimensioni regolari con margini lisci e sono disposte esattamente lungo la linea mediana dell’esemplare di Psittacosaurus, suggerendo che la cicatrice non sia il risultato di un infortunio.

Si è evitata la tecnica distruttiva del taglio dell’osso per determinare l’età dello Psittacosaurus (nelle ossa formano strati ogni anno, come gli anelli nei tronchi di un albero); l’estrema rarità del fossile ha indotto i ricercatori a usare un sistema diverso: hanno perciò confrontato la lunghezza del femore con quella di altri esemplari di Psittacosaurus noti e hanno stimato che questo particolare animale dovesse avere 6 o 7 anni al momento della morte, ormai prossimo a quella che doveva essere la maturità sessuale per la sua specie.

Chi aveva l’ombelico?

In realtà non è affatto certo che tutti i dinosauri, o persino tutti gli Psittacosaurus, presentassero una cicatrice ombelicale, così come non tutti i rettili e gli uccelli odierni (fra le considerevoli eccezioni vi è l’alligatore americano) la conservano in età adulta. Inoltre, in alcuni casi sappiamo essere la conseguenza di infezioni del sacco vitellino, in uccelli o coccodrilli allevati in cattive condizioni.

L’analisi tramite la tecnica LSF ha in realtà avuto luogo nel 2016: già in un articolo risalente a quell’anno i paleontologi descrivevano uno schema di mimetismo in contrombreggiatura, il primo mai osservato in un dinosauro, ma la quantità di dati scaturita ha tenuto impegnati per anni i ricercatori e ancora l’analisi non è terminata. “Stiamo attualmente finalizzando una descrizione dettagliata della pelle di Psittacosaurus” spiega il paleobiologo Micheal Pittman, coautore con Thomas G. Kaye dello studio tramite LSF “Ciò ha richiesto l’esame di ogni centimetro quadrato del fossile”.

Secondo Phil Bell l’importanza dello studio della pelle dei dinosauri è tutt’ora sottovalutata, sia da parte del grande pubblico (quando parla con le persone comuni Bell le vede spesso sorprese nell’apprendere dell’esistenza di pelle mummificata di dinosauri) che dell’interno della comunità scientifica stessa, che dovrebbe rendersi conto di quanto ancora abbiamo da imparare su di essa e sulla sua funzione biologica.

“La pelle è l’organo più grande del corpo”, spiega Bell, e le squame hanno funzioni come proteggere i rettili moderni dalla disidratazione e dai raggi UV. Bell intende cambiare la diffusa percezione che le squame siano meno interessanti delle piume e riferendosi al fossile di Psittacosaurus lo definisce “Un esemplare assolutamente sbalorditivo. E il fatto che stia ancora riservando sorprese a 20 anni da quando la sua scoperta fu annunciata per la prima volta al pubblico è straordinario ed è dovuto allo sviluppo di queste nuove tecniche di imaging”.

Ricostruzione Psittacosauro
Ricostruzione di uno Psittacosaurus (Vinther et al. (CC BY 4.0))

La piaga del traffico illegale di fossili

E a tal proposito è necessario concludere con un accenno alla storia controversa del fossile: non se ne conosce l’esatta provenienza, poiché è passato dalle mani di un privato ad altre, finché fu acquisito dall’Istituto di Ricerca Senckenberg in Germania (dove è stata effettuata la scansione, insieme al Museo di Storia Naturale di Berlino), e c’è chi vuole il fossile venga restituito alla Cina. “È in corso un dibattito sulla proprietà legale di questo esemplare e gli sforzi per rimpatriarlo in Cina non hanno avuto successo.” scrivono gli autori della ricerca “Il nostro team internazionale di membri australiani, belgi, britannici, cinesi e americani spera e sostiene una soluzione amichevole a questo dibattito in corso. Riteniamo importante notare che l’esemplare è stato acquisito dal Museo Senckenberg per impedirne la vendita a privati ​​e per garantirne la disponibilità per lo studio scientifico”.

Uno dei grandi problemi della ricerca paleontologica consiste infatti nel traffico illegale di fossili, un giro d’affari dell’ordine di decine di milioni di euro all’anno e una vera piaga per la ricerca scientifica: anche dopo aver eventualmente recuperato un fossile rubato non è possibile eseguire uno studio completo poiché facilmente non sarà stato estratto nelle condizioni ottimali necessarie ai ricercatori e rimane ignoto il luogo del ritrovamento, che deve invece essere accuratamente annotato al centimetro, come l’intero ambiente circostante. Questo fossile straordinario, che ancora ha tanto dirci, rischiava seriamente di restare muto nella teca di un collezionista privato.

La ricerca Oldest preserved umbilical scar reveals dinosaurs had ‘belly buttons’ è stata pubblicata su BMC Biology (2022)

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