Il mistero dello spartito scolpito sulla Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli

L’arte si presenta in innumerevoli forme diverse, le quali certe volte si intrecciano per donare al mondo una bellezza senza la quale la nostra vita perderebbe di significato.

Un esempio può essere considerato la Chiesa del Gesù Nuovo (o della Trinità Maggiore) di Napoli, edificata nel centro storico della città a partire dal 1584 e terminata solo nel 1725.

Il palazzo, precedentemente appartenente alla famiglia Sanseverino, fu sequestrato dal fisco e successivamente venduto ai gesuiti proprio alla fine del ‘500. Rispetto al precedente edificio sul quale la chiesa fu costruita, una delle poche parti ad essere conservata fu la celebre facciata a bugne.

L’enigma delle bugne sulla Chiesa del Gesù Nuovo

Di forma piramidale, queste pietre costituite di piperno (una roccia magmatica spesso impiegata per il rivestimento degli edifici) non solo rivestono la facciata della chiesa, ma hanno attirato per centinaia di anni la curiosità di coloro che cercavano di interpretarne il senso. Ogni bugna, infatti, possiede un’incisione: un simbolo di circa 10 centimetri.

Per lungo tempo si è creduto che durante la costruzione alcuni maestri pipernieri, conoscitori di particolari segreti esoterici, avrebbero inciso tali segni in modo da attrarre forze positive all’interno del palazzo.

Secondo alcuni, la collocazione erronea delle suddette pietre avrebbe addirittura avuto conseguenze nefaste sulla chiesa, la quale nel tempo fu soggetta a diversi crolli e ad un incendio nel 1639.

La scoperta di De Pasquale: uno spartito sulla facciata

Grazie allo storico Vincenzo De Pasquale, nel 2010 è stato possibile risolvere finalmente l’enigma della Chiesa del Gesù Nuovo, il quale non aveva tanto a che fare con la magia, quanto con la musica:

“Finora si è pensato che fossero i simboli delle diverse cave di piperno dalle quali provenivano. Sono, invece, delle lettere aramaiche. L’aramaico era la lingua parlata da Gesù. Sono solo sette segni e ognuno corrisponde a una delle note”.

L’aramaico, lingua semita risalente a più di 3000 anni fa, rappresentava con il greco la lingua della Palestina all’epoca della comparsa di Cristo. Composta da ventidue caratteri, questo alfabeto presenta un tipo di grafia che può essere considerata molto vicina a quella ebraica.

Leggendo da destra verso sinistra i simboli, uno staff composto da matematici, architetti e musicologi ha potuto comprendere come il contenuto delle bugne potesse riprodurre un concerto per strumenti a plettro di circa tre quarti d’ora. Alla composizione scoperta è stato dato il titolo Enigma.

Nonostante la scoperta di De Pasquale sembri inoppugnabile, alcuni studiosi come Stanislao Scognamiglio hanno criticato questa interpretazione, asserendo che i segni possano essere riconducibili a simboli utilizzati dai laboratori alchemici durante la seconda metà del ‘700.

di Daniele Sasso

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