Architettura

Guerriere dal sol levante, in mostra al MAO

La mostra “Guerriere dal Sol Levante”, visitabile al Museo d’Arte Orientale (MAO) di Torino sino al prossimo 1° marzo, vuole rendere omaggio alla figura della donna guerriera in Giappone. Questo è un percorso espositivo iniziato nel 2016 dall’Associazione Yoshin Ryu (è una scuola torinese di cultura e discipline orientali fondata nel 1978), in collaborazione con il MAO, dedicata alle figure marziali giapponesi – Ninja e Samurai- per concludersi ora con le imprese delle donne guerriere. Donne che hanno imbracciato le armi e che raramente hanno trovato posto nella storia militare o nelle cronache di una società patriarcale come quella del Giappone feudale. La ricostruzione storica delle donne che praticavano l’arte della guerra, le onna-bugheisha, è piuttosto difficile e talvolta alimentata da contributi romanzeschi.

“In principio la donna era il sole…un essere autentico”: queste sono le parole dell’intellettuale Hiratsuka Raichò (1886-1971) che rimandano al mito. Ed è dal mito che occorre partire per definire la presenza di un’immagine di donna guerriera agli albori della civiltà giapponese.

Nel Giappone antico le donne avevano un ruolo attivo nella politica e nella religione: erano sciamane, regine, divinità in vesti di guerriere. Poi nell’epoca in cui gli elementi della civiltà cinese e del confucianesimo, fortemente misogino, segnano l’aristocrazia giapponese determinando una scarsa stima nei confronti femminili e ne riducono il potere governativo e sociale. È anche in questo periodo classico che si definiscono alcuni importanti canoni estetici femminili quali i lunghissimi capelli neri, le guance paffute e la bocca cuoriforme.

Per lungo tempo lo status delle “guerriere” era da considerarsi autonomo, i diritti basati sul sistema arcaico e legati al credo shintoista permettevano alle donne di possedere beni, terreni, titoli nobiliari, amministrare terre e avere ruoli politici. È sbagliato credere che solo le donne di classe guerriera combattessero, ma vi sono gesta di donne che con la loro famiglia e il loro clan hanno difeso i lori villaggi contadini, le proprietà, la loro indipendenza e identità. Dopo il 1603 nel periodo denominato “della grande pace Tokugawa” dopo anni di confitti, si instaurano nuove regole legate al confucianesimo per garantire stabilità politica e militare. Qui le donne sono educate a precetti di tipo patriarcale: sottomissione alla figura del padre, del marito, spirito di sacrificio, nessuna occupazione politica. Le donne di classe samurai mantengono un’istruzione marziale che in assenza di conflitti, acquisisce un’accezione sostanzialmente spirituale; portavano con sé il pugnale ignorandone l’uso.

La mostra sviluppa molteplici aspetti della donna guerriera attraverso oggetti storici e artistici a cominciare dalle armi, meglio se il loro aspetto poteva essere camuffato come i bellissimi ventagli da combattimento (in acciaio, legno laccato, ferro, carta dipinta, seta), l’aikuchi, un pugnale senza paramano nascosto nella piega usata come tasca del kimono, il cui fodero e impugnatura sono finemente decorati con oro, argento, madreperla; le lunghissime unghie metalliche o ancora gli anelli cornuti in lega di ferro. Le onna-bugeisha erano in grado di usare qualsiasi arma come la naginata (forse l’arma di elezione delle donne), una specie falcione con lama inastata, oppure lo yumi, un lungo ed esile arco, il kusarigama una sorta di falce montata su una lunga catena appesantita all’estremità; gli esili corpi delle guerriere erano protetti da armature decoratissime come quella proiettata su un pannello olografico in 3D probabilmente usata in battaglia dalla figlia del sacerdote di un tempio shintoista nel 1541.

Non solo armi, ma anche bellissimi kimono in seta ricamata e oggetti di uso quotidiano di grande fascino e di squisita fattura come mobiletti portatili in legno laccato, avorio e madreperla, contenitori per farmaci o per gli utensili per la tintura dei denti con polvere nera; scatole porta rotolo per la scrittura o per gli ornamenti dei capelli; scatole e tazze da tè. Non mancano le maschere del teatro Nò (drammi teatrali che raccontavano le leggendarie gesta di famose eroine) in legno dipinto utilizzate per riprodurre divinità femminili o ninfe celesti; e le stampe xilografie, incredibilmente belle, dedicate alle onna-bugeisha.

Un ultimo settore della mostra propone quaranta lanterne di carta sulle quali sono raffigurati i volti di altrettante donne da Cleopatra a Calamity Jane, da Artemisia Gentileschi a Coco Chanel da Frida Kalo a Margherita Hack che sin dalle epoche più antiche si sono distinte per le loro battaglie, per le loro azioni, per il loro essere guerriere.

Non mancano oggetti legati al mondo dei manga, degli anime e del cinema che hanno raccolto l’eredità delle donne guerriere creando moderne icone come Wonder Woman, Lady Oscar o la principessa Leia di Star Wars.

La mostra, curata da Daniela Crovella, è corredata da un esaustivo catalogo bilingue (italiano/inglese), particolarmente curato nella veste grafica. prodotto dalla Casa Editrice Yoshin Ryu.

Giannamaria Nanà Villata

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