La Triamyxa coprolithica nello scanning 3D

Coleotteri vissuti 230 milioni di anni fa perfettamente conservati negli escrementi di un arcosauro

Si legge relativamente spesso di insetti vissuti milioni di anni fa e preservati in condizioni eccezionali all’interno della resina in cui rimasero intrappolati e che oggi chiamiamo ambra. Ma il coleottero denominato Triamyxa coprolithica è stato scoperto in un luogo inusuale: la cacca di un dinosauro.

Le strane formazioni rocciose che oggi chiamiamo coproliti erano note da tempo, ma si dovette aspettare la metà del Diciannovesimo secolo perché la da poco nata scienza della paleontologia le identificasse per ciò che sono in realtà: escrementi deposti da animali preistorici come i dinosauri e nel corso di lungo tempo fossilizzatesi divenendo vere e proprie pietre.

La prima descrizione della natura delle coproliti è attribuita a William Buckland, che si basò sulle osservazioni di Mary Anning

È tuttavia solo negli ultimi decenni che l’importanza delle coproliti nell’ambito della ricerca è stato realmente compreso, anche grazie allo sviluppo delle tecnologie in grado di compiere analisi approfondite su questo materiale peraltro conservato in grandi quantità nei musei di tutto il mondo.

Martin Qvarnström dell’Università di Uppsala ha insieme ai propri colleghi esaminato un piccolo campione di coprolite proveniente dalla Polonia del triassico, circa 230 milioni di anni fa.
Il frammento selezionato è di due centimetri e faceva probabilmente parte di un fossile di maggiori dimensioni.

Sfruttando la radiazione di sincrotrone, la piccola roccia è stata analizzata grazie ai raggi X ricavandone un modello tridimensionale; quel che risulta visibile all’interno, ha sorpreso gli stessi ricercatori: diversi esemplari di coleottero perfettamente conservati, ciascuno lungo non più di 1,4 millimetri.

Gli escrementi furono forse rilasciati da un Silesaurus opolensis, un arcosauro del triassico

I coleotteri appartengono probabilmente al gruppo chiamato Myxophaga, di cui quattro linee evolutive sono giunte fino ai giorni nostri e prosperano per esempio sulle alghe in ambienti umidi, spiega l’entomologo Martin Fikáček dell’Università di Sun Yat-sen.
Finora, aggiunge il dottor Qvarnström, erano stati ritrovate solo minuscole parti di insetti nelle feci fossilizzate ed è la prima volta che si rende possibile un’analisi tassonomica tanto precisa da poter dire di trovarsi di fronte a una nuova specie, oggi estinta.

Lo studio delle coproliti era stato finora sottovalutato, soprattutto in relazione allo studio degli insetti: si riteneva infatti essi non potessero uscire indenni dal processo digestivo presentandosi quindi per lo più in forma di resti a malapena riconoscibili.
Le feci potrebbero invece essersi addirittura al contrario rivelate una sorta di ambiente ideale per preservare i piccoli insetti on condizioni eccezionali, inclusi i tessuti molli.

Questo apre nuove strade per la ricerca paleontologica: questo tipo di analisi può rivelare molto sulla dieta dei dinosauri e sull’ambiente in cui vivevano, e i cambiamenti intercorsi nel tempo. E i più antichi campioni conservati nell’ambra risalgono ad “appena” 140 milioni di anni fa.

La ricerca Exceptionally preserved beetles in a Triassic coprolite of putative dinosauriform origin è stata pubblicata il 30 giugno 2021 su Current Biology.

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