Il mistero del granchio yeti

Ancora una volta ci addentriamo nei meandri del mondo animale per scoprire alcuni simpatici esseri viventi dalle particolari proprietà, in grado di affascinare e lasciare a bocca aperta gli esperti per le loro caratteristiche.

Questa è la volta del granchio yeti, il cui nome scientifico è Kiwa hirsuta. Questo crostaceo, appartenente alla famiglia Kiwaidae, è stato scoperto nel marzo del 2005 da Robert Vrijenhoek e Michel Segonzac.

Analizzando il fondale del Pacifico meridionale, precisamente al largo dell’Isola di Pasqua, i due si imbatterono in questa particolare creatura a 2200 metri di profondità. In seguito, Enrique Macpherson, William Jones e Michel Segonzac ne produssero una descrizione dal punto di vista scientifico.

Le chele del granchio yeti

Il nome popolare (granchio yeti) deriva semplicemente dalle setole presenti sulle chele dell’animale, le quali ricordano il fulgido pelo bianco dell’essere soprannaturale spesso descritto fantasiosamente in letteratura.

Più interessante, invece, è la storia dietro al suo nome scientifico (Kiwa Hirsuta), il quale deriva in parte dalla dea Kiwa appartenente alla mitologia polinesiana, considerata la madre di tutte le conchiglie, e in parte, ovviamente, alla peluria delle chele.

Solitamente, proprio grazie all’estensione delle sue protuberanze questo granchio può raggiungere i 15 centimetri di estensione. Un motivo in più per considerarlo lo “yeti” dei suoi simili, i quali solitamente si presentano di misure maggiormente contenute.

Qual è il ruolo dei batteri che abitano sul Kiwa Hirsuta?

Per anni, sul granchio yeti sono stati prodotti soprattutto disegni, essendo difficile rintracciare un animale di cui si ipotizzava comunque la presenza. Proprio per questo motivo, si sa ancora poco di un essere strano che raramente sale per mostrarsi in superficie.

Ciò che è certo per ora, è che le setole che gli hanno conferito notorietà ospitano diverse colonie batteriche, e che i suoi occhi sono immobili e atrofizzati.

Sul rapporto del granchio con i suoi batteri sono state avanzate alcune ipotesi, secondo le quali i batteri proteggerebbero il proprio “locatario” consumando le sostanze nocive che si accumulano sulle tesi; altri, invece, sostengono che sarebbe il granchio a mangiare i suoi stessi batteri in momenti di carestia.

L’ambiente in cui vive il granchio yeti

Come il fantomatico “uomo delle nevi”, il Kiwa Hirsuta sembra essere una specie albina, ma di certo non condivide l’ambiente della leggenda da cui prende il nome.

Il granchio yeti, infatti vive in zone circondate da fonti idrotermali e prevalentemente basaltiche. Nonostante sia sostanzialmente privo di occhi, non ha nessuna difficoltà nello spostarsi proprio grazie alle setole possedute, divorando sul fondale sia piante che piccoli animali marini.

Bisognerà sicuramente indagare ancora molto su un animale tanto particolare quanto misterioso, che dopo essere stato “immaginato” per anni, a differenza dello yeti sembra esistere per davvero.

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