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Il predatore del Cambriano a forma di taco rivela le sue sorprese evolutive

Lungo 20 centimetri, il carapace che richiama subito alla mente la tipica forma di un taco (la tortilla messicana riempita di vari ingredienti), la testa e gli occhi di grandi dimensioni e una coda simile alla chiglia di un sottomarino: così appare Odaraia alata, i cui fossili vennero scoperti per la prima volta un secolo fa ma che celava sorprendenti caratteristiche emerse solo ora grazie alle moderne tecnologie di scanning tridimensionale.

Il Burgess Shale (Canada) è un affioramento di argillite e un Konservat-Lagerstätte, una tipologia di giacimento fossile in cui la fauna e la flora sono preservate in condizioni eccezionali inclusive dei tessuti molli e spesso rappresenta una sorta di istantanea dell’intero ecosistema dell’epoca. È proprio qui, precisamente nella Columbia Britannica, che nel 1912 fu portato alla luce l’esemplare conservato presso il Royal Ontario Museum di Toronto e oggetto del nuovo studio.

Un paio di grandi appendici prensili dai bordi frastagliati vicino alla bocca: Odaraia è uno dei primi membri conosciuti del gruppo dei mandibolati, che include insetti e crostacei moderni. L’analisi dettagliata condotta dal team sulle sue oltre trenta paia di zampe ha inoltre rivelato un intricato sistema di spine di varie dimensioni che potevano intrecciarsi per catturare piccole prede come fossero una rete da pesca. I ricercatori ritengono le spine abbiano aiutato questi primi mandibolati a lasciare il fondale oceanico.

L’Esplosione Cambriana fu un improvviso fiorire e diversificarsi della vita

Il periodo in cui visse Odaraia, il Cambriano, vide la comparsa della maggior parte dei vertebrati. Un’era di grande fiorire e diversificarsi (occhi, conchiglie, zampe) della vita appropriatamente denominata Esplosione Cambriana. Diversificazione che includeva i mandibolati, uno dei principali gruppi di artropodi (ovvero animali dotati di propaggini articolate).

“Lo scudo della testa di Odaraia avvolge praticamente metà del suo corpo, comprese le zampe, quasi come se fosse racchiuso in un tubo. I ricercatori che ci hanno preceduto avevano ipotizzato che questa forma avrebbe permesso a Odaraia di catturare la sua preda, ma il meccanismo di cattura ci era fino a ora sfuggito” affermato Alejandro Izquierdo-López, biologo evoluzionista presso l’Università di Toronto e coautore del nuovo studio “Odaraia era stato descritto magnificamente negli anni 80, ma dato il numero limitato di fossili a quel tempo e la sua forma bizzarra, due importanti domande erano rimaste senza risposta: è davvero un mandibolato? E di cosa si nutriva?”

I ricercatori sono particolarmente interessati proprio alle mandibole: cercano di comprendere come il loro sviluppo sia legato all’Esplosione Cambriana: “Innanzitutto, abbiamo dovuto identificare un fossile del Cambriano che mostrasse chiaramente le mandibole […] L’evoluzione della mandibola ha innescato una frenesia alimentare. Gli animali con mandibole avevano un vantaggio importante sugli organismi concorrenti in quanto potevano rompere in pezzi strutture più grandi e ottenere l’accesso a nuovi tipi di cibo”. spiega Izquierdo-López.

Fossile di Odaraia
Fossile di Odaraia alata conservato presso il Royal Ontario Museum (Credit: Jean-Bernard Caron, Royal Ontario Museum)

Un reperto conservato in un museo da cent’anni può oggi rivelare grandi sorprese grazie alle moderne tecnologie

“Non ha arti prensili e le prove (allora limitate) degli arti del tronco indicano che Odaraia poteva filtrare piccoli animali facendo passare un flusso d’acqua attraverso il carapace. I grandi occhi suggeriscono che potrebbe aver cercato nugoli di piccoli animali (forse forme larvali) nell’acqua per nutrirsi” ipotizza Derek Briggs, professore di scienze della terra e planetarie alla Yale University, che già a inizio anni 80 suggeriva gli odaraiadi fossero animali filtratori. Il nuovo studio ha risolto il caso del meccanismo di filtraggio di Odaraia identificando circa 80 piccole spine su ciascuna delle zampe della creatura, che insieme creavano una sorta di rete in grado di catturare i corpuscoli.

Le grandi dimensioni (per l’epoca) costituivano l’altro vantaggio alimentare per Odaraia: gli animali degli oceani del Permiano probabilmente vivevano in piccole comunità da cui raramente si allontanavano e la cui sussistenza si basava su una concentrazione di particelle sufficientemente alta per poterle nutrire. Per un animale di dimensioni relativamente maggiori si sarebbero aperte strade più efficienti, non più confinato nelle sacche di vita e cibo più dense dell’oceano (per lo più legate al fondale marino), ma con la possibilità di vagare in lungo e in largo per i mari Cambriani e in particolare risalire la colonna d’acqua, non dipendendo più dai fondali e aprendosi un’importante via lungo il successo evoluzionistico.

Odaraia era quindi un abile filtratore che avendo sviluppato una mandibola conquistò un doppio vantaggio che come conseguenza spinse altri animali ad adattarsi, in tempi rapidi dal punto di vista evoluzionistico, come risposta. Dallo studio è tuttavia emerso anche un nuovo mistero su cui i paleontologi dovranno ora indagare: un inaspettato dente a tridente: “È una struttura che non è stata osservata in nessun altro fossile di quel periodo”, afferma Izquierdo-López. “Non abbiamo idea di come si siano evoluti o perché non si trovino in nessun altro animale”.

Fonte: The Cambrian Odaraia alata and the colonization of nektonic suspension-feeding niches by early mandibulates, Proceeding of the Royal Society B (luglio 2024)

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