Solanum pimpinellifolium

Lo studio del progenitore selvatico del pomodoro per migliorare i frutti odierni

Quando si parla di domesticazione si pensa perlopiù agli animali ma lo stesso vale per le piante. Un esempio di ciò riguarda il diffuso ortaggio che oggi conosciamo come “pomodoro”.

Il principio della domesticazione del pomodoro risale a migliaia di anni fa, nel Centro e Sud America; all’epoca esisteva solo un piccolo frutto dal sapore intenso che prosperava spontaneamente, il Solanum pimpinellifolium.

Verso la fine del Settecento il pomodoro americano venne modificato per andare incontro ai gusti degli europei

Nel corso dei secoli, grazie all’intervento dell’uomo, esso subì numerose mutazioni (da parte dei nativi d’oltreoceano prima e dagli europei in seguito) fino a divenire il Solanum lycopersicum che conosciamo oggi, ben più grande, dal sapore adattato al gusto del Vecchio Continente e assai più facile da coltivare.

Il rovescio della medaglia risiede in una maggior fragilità complessiva del pomodoro rispetto al suo antenato: è per esempio meno resistente alle aggressioni parassitarie o a stress di natura ambientale come siccità o cambiamenti climatici.

Un team di ricercatori del Boyce Thompson Institute guidato da Zhangjun Fei ha ora compilato il genoma di riferimento del Solanum pimpinellifolium, la cui analisi pone in evidenza le sezioni responsabili di qualità come il sapore del frutto, tempi di maturazione, dimensioni e resistenza a condizioni avverse e malattie.

Come illustrato dallo stesso dottor Fei, il genoma di riferimento sarà utile proprio nel processo di ricerca teso a migliorare le caratteristiche ricercate nel moderno pomodoro, sia scovando sequenze genomiche ancora non conosciute nel pomodoro odierno che ricercando e reintroducendo alcune caratteristiche proprie del Solanum pimpinellifolium, il progenitore, perduti nel corso di millenni di domesticazione.

Non è la prima volta che il DNA del pimpinellifolium viene sequenziato, ma l’affinamento delle tecniche permette ora di ottenere un risultato di elevata qualità completo di informazioni preziose che era invece impossibile desumere con le tecniche meno raffinate finora utilizzate.

Tutti gli alimenti di cui ci nutriamo oggi sono in realtà il prodotto di secoli di manipolazione umana

La squadra del dottor Fei ha già comparato il DNA del pimpinellifolium con quella di una varietà comunemente coltivata oggi, la Heinz 1706, trovando 92.000 varianti strutturali. Un’analisi a tappeto su 725 varietà coltivate vicine al pomodoro selvatico, scoprendo numerose variazioni relative a tratti importanti come per esempio la sparizione nei pomodori moderni di alcune parti del genoma che hanno portato alla riduzione della concentrazione del licopene, un carotenoide noto, oltre che per essere responsabile del colore rosso del frutto, per i suoi effetti benefici sull’organismo umano come la funzione di “spazzino” dei dannosi radicali liberi.

Una parte in più nella sequenza genomica sembra invece responsabile di una riduzione nel contenuto di saccarosio.
Secondo i ricercatori, è sempre più frequente negli ultimi anni la delusione da parte dei consumatori per la perdita di qualità in frutti come il pomodoro, dovuto al concentrarsi solo sull’aspetto della resa in termini di facilità e rapidità nella coltivazione da parte dei produttori, in sede di adattamento dell’alimento (quella continua pratica di domesticazione che in realtà non si è mai fermata nel corso dei secoli).

Una conoscenza approfondita delle sequenze genomiche delle diverse varietà di pomodoro e dell’antenato comune, comprensiva di una “storia” delle mutazioni e delle modalità con cui sono avvenute, costituisce una base di ricerca per lo sviluppo di frutti in grado quanto più possibile di conciliare entrambe le necessità, la qualità del prodotto con una coltivazione agevole e produttiva, magari con la reintroduzione di caratteristiche perdute da tempo.

Lo studio Genome of Solanum pimpinellifolium provides insights into structural variants during tomato breeding è stato pubblicato in open access su Nature Communications il 16 novembre 2020.

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