Sezione longitudinale di un fossile di torreites sanchezi

Guscio di antico mollusco rivela la durata di un giorno di 70 milioni di anni fa

Ricostruire una giornata tipica di un mollusco vissuto 70 milioni di anni fa. È ciò che è stato in grado di fare un team di ricercatori guidato da Niels de Winter, geochimico della Vrije Universiteit di Bruxelles.

Un mollusco dall’era dei dinosauri

Lo studio, pubblicato su Paleoceanography and Paleoclimatology, riguarda un esemplare di Torreites sanchezi, un mollusco bivalve appartenente all’ordine delle rudiste che raggiunsero il periodo di massima prosperità proprio poco prima (in termini geologici) di essere spazzate via insieme ai dinosauri durante l’estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene (66 milioni di anni fa).

All’epoca questi bivalvi formavano delle vere e proprie barriere coralline ed erano diffusi in particolare nell’Oceano Tetide, che separava l’Africa dall’Europa e dall’Asia. Erano piuttosto diversi dai bivalvi odierni ma avevano in comune la crescita del guscio al ritmo di uno strato al giorno.

Un registro del mondo perduto

Analogamente agli anelli nei tronchi degli alberi, questi strati sono una preziosa fonte di informazioni non solo sull’età dell’organismo al cui interno si sviluppano anche dell’ambiente esterno in cui vivevano, dalla chimica alla temperatura.

In particolare i ricercatori sono stati in grado in questo caso di ottenere informazioni su periodi inferiori a una singola giornata, da quattro a cinque periodi nell’arco della vita quotidiana della Torreites sanchezi. Un’eventualità estremamente rara nell’ambito della ricerca geologica.

Le analisi sono state effettuate attraverso una grande varietà di sistemi, fra cui spettrometria di massa, analisi degli isotopi stabili, microfluorescenza a raggi X.

Si è così scoperto che gli oceani di 70 milioni di anni fa erano molto più caldi di oggi: fino a 40° in estate e oltre 30° in inverno. Una differenza nella velocità di crescita fra giorno e notte conferma poi quella che finora era un’ipotesi, ovvero che le rudiste vivessero in simbiosi con organismi basati sulla fotosintesi, analogamente alle vongole giganti di oggi con le alghe. Inoltre, su base stagionale gli strati del guscio danno vita a schemi riconoscibili (nei bivalvi moderni per esempio quelli cresciuti durante l’inverno sono più scuri) e questo ha portato i ricercatori a stabilire che ogni anno venivano creati 372 strati, uno al giorno.

Il Giorno Più Corto

Dal momento che la durata di un anno terrestre è determinata dall’orbita intorno al Sole ed essa non è cambiata rispetto ad allora, la discrepanza con gli attuali 365 giorni è dovuta a una rotazione all’epoca più rapida della Terra sul proprio asse: il giorno durava circa 23 ore e mezza anziché 24.

È una conoscenza acquisita da tempo che la rotazione del nostro pianeta stia gradualmente rallentando e ne è nota anche la causa: il fenomeno di decelerazione è conseguenza della frizione mareale causata dalla Luna.

Sono noti a tutti e ben visibili gli effetti sull’acqua, ma tale forza influenza l’intera massa del pianeta che si stira allungandosi di una trentina di cm e formando due lobi chiamati sublunare e antilunare (in combinazione anche con la forza di marea del Sole). Questo disperde energia, ma ha anche un altro effetto: la rotazione stessa della Terra fa sì che il lobo sublunare si trovi leggermente più avanti rispetto alla posizione della Luna stessa e ciò causa una sorta di effetto fionda che spinge il nostro satellite ad allontanarsi al ritmo attuale di 3,82 centimetri all’anno.

Tuttavia se tale velocità di allontanamento fosse rimasta stabile a partire dalla formazione della Luna, essa sarebbe stata 4 miliardi e mezzo di anni fa talmente vicina che le forze di marea avrebbe squarciato il pianeta facendolo a pezzi.

La velocità di allontanamento deve quindi essere via via cresciuta nel corso del tempo e sapere quanto durasse un giorno in varie epoche della vita della Terra conferma questa ipotesi e aiuta a comprendere quando sia esattamente avvenuta la formazione della Luna, sulla cui meccanica esistono ipotesi valide e accettate dalla comunità scientifica ma non prive di aspetti ancora da chiarire.

La ricerca in questa direzione ora proseguirà attraverso l’analisi di molluschi ancora più antichi della Torreites sanchezi.

Di Corrado Festa Bianchet

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