Come gestire una crisi: la lezione dell’ora più nera di Winston Churchill

Nel maggio del 1940 la macchina da guerra nazista si riversò nei Paesi Bassi e in Francia.

Da lì a poche settimane quelle nazioni sarebbero state invase e la Gran Bretagna si sarebbe ritrovata da sola ad affrontare Adolf Hitler.

Nello stesso mese però accadde un fatto che impedì all’Inghilterra di riportare “meno danni” del previsto: Winston Churchill diventò Primo Ministro proprio quando la catastrofe si affacciava, come un’ombra, sul suolo britannico.

L’ora più buia di Churchill, ancora oggi, fornisce una serie di consigli utili su come affrontare in modo efficace una crisi, indipendentemente dall’ambito.

L’onestà e la trasparenza, le chiavi per ottenere il consenso

Malgrado le prove terribili che dovette affrontare, il Primo Ministro comunicò fin da subito con notevole apertura e onestà, conquistandosi non solo il rispetto del suo gabinetto politico, ma anche la fiducia della gente.

Quando Churchill subentrò, dovette fronteggiare sia una crisi militare sia una crisi interna. Molti misero in dubbio le sue capacità, e non è tutto: un numero sempre più consistente di politici chiedeva di stipulare la pace con la Germania.

Pensavano infatti che, se la Francia fosse stata sconfitta, l’unica speranza per l’Inghilterra di sopravvivere sarebbe stata quella di chiedere la pietà di Hitler.

Churchill però sapeva che una tale capitolazione avrebbe significato la fine del Regno Unito. Comprendendo che solo una nazione unita avrebbe potuto trionfare sui nazisti, si mise fin da subito al lavoro per unificare una nazione divisa e scoraggiata.

Il Primo Ministro avrebbe potuto minimizzare le sconfitte degli Alleati o promettere, in modo avventato, una svolta immediata, tuttavia, con l’avanzare incessante dei nazisti, tali affermazioni avrebbero distrutto la sua credibilità.

Invece si mise allo stesso livello del suo pubblico:

“Abbiamo davanti a noi un calvario del tipo più grave. Abbiamo davanti a noi molti, molti lunghi mesi di lotta e di sofferenza. Tuttavia queste difficoltà valgono il loro prezzo, perché senza vittoria, non c’è sopravvivenza.”

In questo discorso, tenuto a metà maggio in Parlamento, Churchill dimostrò di volersi impegnare a fondo nel compito che gli era stato affidato, dichiarando:

“Non ho altro da offrire se non sangue, fatica, sudore e lacrime.”

Assumendo questo fardello insieme ai suoi connazionali, Churchill diede loro forza durante una situazione militare in rapido deterioramento.

Affrontare direttamente le paure e spiegare cos’è andato storto e dove si può migliorare

Quando Churchill parlò in seguito alla nazione, all’inizio di giugno, le truppe francesi erano già state distrutte e l’esercito britannico era stato evacuato dal continente.

Invece di ignorare queste battute di arresto, il Primo Ministro affrontò direttamente le paure degli inglesi, spiegando cos’era andato storto e perché.

La sua attenta valutazione mostrò la sua freddezza, malgrado la grande pressione a cui era sottoposto, e la sua competenza come leader.

Churchill parlò poi del miracoloso salvataggio di Dunkerque. Mentre da una parte celebrò la tremenda importanza dell’operazione, dall’altra offrì l’amara verità che “le guerre non possono essere vinte con le evacuazioni”.

Ancora una volta diede fiducia ai suoi elettori per le sfide future. E raddoppiando il suo impegno assoluto, promise:

“Combatteremo sulle spiagge, combatteremo sul campo di atterraggio, combatteremo nei campi e sulle colline. Non ci arrenderemo mai.”

Questo discorso, forse uno dei più celebri, lo si può ascoltare per tutti gli amanti della musica anche all’inizio di Aces High, uno dei brani più conosciuti degli Iron Maiden nonché uno dei tanti che parla dell’impegno dell’Inghilterra nella Seconda Guerra Mondiale.

Preparare (e prepararsi) ad affrontare le difficoltà

Alcune settimane dopo la Francia stava per crollare quando Churchill parlò di nuovo alla nazione. Voleva prepararla ad affrontare l’assalto nazista.

Ancora una volta discusse gli ultimi sviluppi militari con dettagli vividi.

Riconobbe che “la Battaglia della Francia era finita…[e] stava per iniziare la Battaglia della Gran Bretagna.”

Parlò in toni cupi dell’invasione e degli assalti previsti, avvertendo che:

“L’intera furia e la potenza del nemico presto si scaglieranno su di noi.”

Nonostante Churchill non avesse mai sottovalutato i rischi, instillò nell’Inghilterra una confidenza tale da portarla al trionfo.

Descrisse realistiche cause di speranza: un esercito britannico ben preparato, le pesanti perdite inflitte dall’aeronautica inglese ai tedeschi e la potenza della marina e dell’impero.

Alla fine spinse il conflitto su un unico punto:

“Hitler sa che dovrà spezzarci in quest’isola o perdere la guerra.”

Churchill chiarì anche che:

“Da questa battaglia dipenderà la sopravvivenza della civiltà cristiana e di tutto ciò che abbiamo conosciuto e curato.”

Invitò la Gran Bretagna a raccogliere la sfida e a rendere quest’ultima “la sua ora migliore.”

Il candore di Churchill durante i giorni bui del 1940 creò un legame magnetico tra lui e gli inglesi.

La sua potente combinazione di realismo, ottimismo e sfida ispirò i britannici di tutti i partiti politici. Dal mese di luglio del 1940 fino al giorno dello sbarco in Normandia, avvenuto nel 1945, il suo livello di gradimento non scese mai al di sotto del 78%.

E ancora oggi Churchill in Inghilterra è considerato non solo come un vero e proprio simbolo della nazione, ma anche il volto del trionfo della democrazia sul nazismo e sul fascismo.

Di Francesca Orelli

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